Qualche giorno fa, presso la sede di Confedilizia, si è tenuta la presentazione del libro di Giovanni Sallusti Mi mancano i vecchi comunisti. Confessione inaudita di un libertario. Ospitati dal presidente Giorgio Spaziani Testa, sono intervenuti, con l’autore, Giuliano Ferrara e Luciano Violante.
Riportiamo qui, in alcune clip, i principali passaggi dei brillantissimi interventi di Ferrara. Il fondatore del Foglio è anche l’autore della prefazione al libro di Sallusti. Chi meglio di lui? Proveniente da una famiglia dell’aristocrazia del Partito, è stato giovane e importante dirigente nazionale del PCI in particolare a Torino negli anni difficilissimi del terrorismo. Allontanatosi progressivamente dal Partito, si avvicinò a quello che era stato l’arcinemico dei comunisti italiani, ossia Bettino Craxi, per poi divenire ministro nel primo governo Berlusconi e uno dei più importanti giornalisti e intellettuali italiani.
Nella prefazione, ripresa in parte nel suo intervento, Ferrara sottolinea come il vecchio PCI fosse per lui innanzitutto una scuola di formazione, una sorta di Accademia in cui si guardava al mondo come a qualcosa di reale, concreto, da osservare per ciò che era ed eventualmente da trasformare. Scrive: “se [i comunisti] hanno sbagliato tutto o quasi tutto dal punto di vista del carattere dell’uomo, delle radici della società, del corso delle forze dirimenti della vita delle generazioni, non hanno però ignorato del tutto la vecchia tecnica che prevede applicazione, conformità alla regola, una specie di sottomissione monastica agli affari del convento.”
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La “nuova sinistra” colorata, invece, non si sa bene cosa sia. La cultura woke pretende di re-inventare il reale, pretendendo che anche ciò che è più evidente (ad esempio il sesso biologico) venga cambiato semplicemente rinominandolo. Il resto, in questa ottica, deve essere semplicemente cancellato: dai personaggi della letteratura fino alla nostra stessa cultura occidentale accusata di ogni nefandezza.
Scrive Ferrara nella sua prefazione “A guardare la nuova o le nuove sinistre, che Giovanni Sallusti restituisce per contrasto con un occhio se non sprezzante parecchio disincantato, sembra davvero che tutto sia finito, e che dal momento in cui il privato si rivelò politico tutto il politico sia diventato una specie di insalata russa dei sentimenti e dei comportamenti privati. Il culmine dell’armocromismo si attinge nel pamphlet attraverso una riflessione seria sulla deriva che porta dagli errori sfavillanti e luccicanti e persino lucidi, alla fine, dell’ideologia internazionalista alle divertenti e futili risorse della sinistra queer.”
Qui i suoi interventi sul libro di Giovanni Sallusti ma anche una breve riflessione sulla figura di Joseph Ratzinger.
LiberiLibri, 16 marzo 2024
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