di Lodovico Festa
Qualche giorno fa sempre sul Monde Raphaëlle Baqué e la Chemin avevano scritto un articolo su come Bolloré stesse mobilitando il suo “empire médiatique pur peser sur la présidentielle”. Non c’è traccia sul blasonato quotidiano francese di quella cautela che si raccomanda a chi scrive di un “concorrente”. Non è il momento dello stile ma del menare duro.
D’altra parte l’ex presidente del movimento gollista (Les Republicains) Laurent Wauquiez aveva ricordato come contro il candidato gollista François Fillon alle scorse presidenziali, incappato in un infortunio (disdicevole ma abbastanza usuale nella politica francese: la moglie scelta come assistente parlamentare) si era scatenata una “cellule di demolition” composta da settori del deep state francese e da media orchestrati direttamente dallo staff di Emmanuel Macron.
Siamo in una fase in cui chi non si conforma perfettamente ai vari dogmi del pensiero unico (un Bolloré che appoggia Éric Zemmour, un Fillon troppo “cattolico”) va bastonato mediaticamente senza nessuna attenzione a quelle che erano le forme dell’intervento dei quotidiani negli scontri politici (duri nella battaglia delle idee, ma parchi nei giochi sporchI). In parte si recuperano le tecniche di delegittimazione che circolavano durante la guerra fredda, in tanti casi in modi anche più disinvolti perché i vari soggetti dello scontro che ha diviso il mondo dal 1945 al 1989/1991 erano abbastanza solidi da frenare certi eccessi.
Vi è una certa miopia in chi ha scelto questa via perché impedendo un confronto tra le idee si preparano esplosioni di dissenso dagli esiti imprevedibili.