La storia del gas e dei rubli spiegata facile. Cosa rischia l’Italia

Putin vuole che i “Paesi ostili” paghino il gas con la valuta russa. Cosa prevede davvero il decreto firmato dallo zar

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Vladimir Putin non molla l’osso. Esige che i “Paesi ostili” paghino i contratti di fornitura del gas utilizzando la valuta russa, il rublo. Ma cosa significa questo? Perché lo zar ha dato tale disposizione? E cosa potrebbe succedere a noi, alle nostre imprese e, il prossimo inverno, ai nostri termosifoni? Vi spieghiamo in modo facile, comprensibile e schematico questa specie di guerra nella guerra.

Il conto in Gazprombank

Anzitutto, non è proprio esatto dire che Putin chiede che il gas sia pagato in rubli. I “Paesi ostili” (tra cui l’Italia) potranno pagare ancora in dollari o in euro, a patto che aprano un conto presso Gazprombank, la banca della società governativa erogatrice del metano, che è appunto Gazprom. La quale, proprio affinché fossero comunque assicurate le consegne del combustibile all’Europa, non è stata isolata dai circuiti internazionali tramite le sanzioni. Sarebbe Gazprombank a occuparsi della conversione della valuta, attraverso la Banca centrale russa.

Dal Lussemburgo a Mosca

Come mai Putin vuole che gli Stati Ue aprano un conto in Gazprombank? In primo luogo, bisogna segnalare che gli acquirenti di gas hanno già un deposito situato in una filiale del Lussemburgo. La pietra dello scandalo, dunque, non sono i “conti speciali” invocati da Putin. Il problema è che lo zar pretende che i flussi si spostino verso la sede moscovita di Gazprombank. Per quale motivo?

Aggirare le sanzioni

Il punto è che una banca situata nel Lussemburgo potrebbe essere colpita e isolata da future sanzioni, in caso di prolungamento o inasprimento del conflitto. Per aggirare questo pericolo, dunque, Putin preferisce che il denaro transiti verso la madrepatria e che la partita della conversione sia gestita da Gazprombank con la Banca centrale russa, le cui riserve interne, a differenza di quelle depositate in altre banche centrali estere, inclusa Bankitalia, non possono essere congelate. Insomma, a conti fatti, l’ultimatum dello zar, che minaccia di chiudere già oggi i rubinetti del gas, per noi europei rappresenterebbe più uno smacco politico che una difficoltà tecnica. In realtà, potremmo continuare a versare le somme richieste in euro. E allora? Cosa faranno gli Stati clienti della Russia?

Il no degli europei

Francia e Germania hanno già comunicato che non si piegheranno al diktat di Putin. Paolo Gentiloni, commissario Ue all’Economia, per conto di Bruxelles ha confermato la volontà di non cedere. Linea dura pure da Roma, con Roberto Cingolani, ministro della Transizione ecologica, il quale assicura che, per il momento, le scorte sono sufficienti e non saranno necessari razionamenti. E trascorso il “momento”?

L’Italia e l’import russo

Ecco, qui casca l’asino: l’Italia rischia tantissimo. Noi importiamo dalla Russia il 40% del nostro fabbisogno di gas, che nel 2021 è stato di 73 miliardi di metri cubi. Sostituire quella quota entro l’inverno è praticamente impossibile, sia aumentando a tempi record la quantità di gas estratto in Adriatico, sia ottenendo più gas dagli altri Paesi fornitori, sia ricevendo lo shale gas americano, che comunque costa circa il 30% in più del gas russo, al netto degli aumenti dell’ultimo periodo. In questo caso, per di più, c’è l’intoppo della rigassificazione, visto che gli impianti funzionanti non bastano e che per realizzarne altri e metterli a regime servono fino a 4 anni (oltre a vari miliardi di euro d’investimenti). E le piattaforme inattive in mare? Pure quelle, non si possono far lavorare a pieno ritmo in un giorno: potrebbero occorrere mesi.

Il problema delle scorte estive

Il problema non si presenterà solo con i primi freddi. Già adesso, infatti, è partita la stagione dei cosiddetti stoccaggi: di solito, in questo periodo, in Italia si accumula gas, acquistato a prezzi inferiori rispetto a quelli invernali, per poi erogarlo alla bisogna. Il guaio, tuttavia, è che agli operatori del settore, con il vertiginoso incremento dei prezzi, non conviene comprare ora: il gas, paradossalmente, costa più oggi che lo scorso inverno. Esistono alcune soluzioni (tra cui l’aumento delle bollette estive), ma il governo finora non ne ha attuata nessuna. Ammesso, ovviamente che la Russia non rifiuti in toto di venderci il metano.

Il piano d’emergenza tedesco

Dunque? La Germania ha già attivato un piano d’emergenza in caso di stop alle forniture russe. Essenzialmente, si tratta di calibrare un programma di razionamenti per evitare di arrivare a limitazioni coatte e caotiche dei consumi e ripercussioni sulle famiglie.

L’ombra dei razionamenti

E l’Italia? Noi siamo in stato di pre allerta da febbraio. Però non è chiaro chi, eventualmente, dovrebbe restare al freddo per primo: si tratta di individuare settori essenziali, dalle imprese agli ospedali, ma pure di fare in modo che i cittadini non congelino nelle loro case. Prepariamoci al peggio.

Giuseppe De Lorenzo, 1 aprile 2022

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