La storia del “grande scettico” cui strapparono la lingua

Il Porrodcast by Michele Silenzi

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Pochi anni dopo che, il 17 febbraio del 1600, Giordano Bruno fu messo al rogo in piazza Campo dei Fiori, un altro filosofo meno noto di lui ma di grandezza indiscutibile subì una sorte ancora più crudele. Si sta parlando di Giulio Cesare Vanini, consegnato alla storia della filosofia come il “grande scettico”, ma che in realtà fu molto di più. Con le sue opere e la sua testimonianza ha segnato un punto di svolta nella storia della filosofia occidentale contribuendo, insieme a pensatori del calibro dello stesso Giordano Bruno e di Spinoza, alla nascita dell’Europa laica e moderna. Eppure Vanini, nonostante negli ultimi anni sia stato oggetto di una vera e propria riscoperta, resta ancora poco conosciuto in Italia.

Cerca di porre rimedio a tale mancanza il volume intitolato Giulio Cesare Vanini: il filosofo, l’empio, il rogo. L’autore Mario Carparelli, assoluto specialista dell’opera di Vanini, raccoglie in queste pagine gli eventi fondamentali della sua appassionante vicenda umana e intellettuale, una vita avventurosa fatta di fughe e vagabondaggi in giro per l’Europa. Per le sue idee, il 9 febbraio 1619, all’età di soli trentaquattro anni, questo ex frate carmelitano viene condannato al rogo per «ateismo, bestemmia, empietà e altri eccessi» e bruciato a Tolosa in una piazza che oggi porta il suo nome. Prima di essere consegnato alle fiamme gli venne strappata la lingua, l’organo con cui aveva “offeso” Dio.

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In una lettera indirizzata a un celebre erudito dell’epoca, il pubblico ministero de Catel, colui che lo fece condannare, così descrisse Vanini: “Egli è morto come ateo perseverante, in assoluto il più bello e più maligno spirito che io abbia mai conosciuto.”

Michele Silenzi, 29 luglio 2023

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