La scuola pubblica italiana, sulla carta, è articolata nei due rami della scuola statale e della scuola paritaria. La realtà ci dice, però, che i genitori che scelgono la scuola paritaria devono pagare la retta richiesta, per forza di cose, dalla scuola paritaria, dopo aver pagato le tasse per un servizio, la scuola statale, del quale non si avvalgono. Di conseguenza dal 2007 ad oggi hanno chiuso 1.826 scuole, con una perdita di studenti pari 475.216 unità. A pagarne le conseguenze sono i poveri, i disabili, coloro che abitano in territori economicamente più svantaggiati. Non a caso il pluralismo educativo è garanzia di libertà, di un esercizio pieno e consapevole dei diritti della persona.
L’attuale governo – va riconosciuto – si mostra sensibile al problema nelle dichiarazioni del ministro Valditara e in quelle della premier che ha parlato di Borse di Studio e ha stanziato, nella legge di Bilancio, 70 milioni di euro per il comparto disabilità e, in aggiunta, 50 milioni di euro per le scuole dell’infanzia. Sed non sufficit. Ai sensi del costo medio studente un allievo costa euro 7mila: per gli allievi della scuola paritaria il governo stanzia poco più di 700 euro annui pro capite. Chi paga la differenza? Le famiglie? Le scuole paritarie che, appesantite dai costi, sono costrette a chiudere o ad applicare rette da 7mila euro annui, diventando, loro malgrado classiste? E se si arrivasse alla chiusura delle 11.426 scuole paritarie? Lo Stato Italiano dovrebbe sostenere oltre 5 miliardi di euro annui per assorbire nella scuola statale i loro allievi.
E la CEI? Cosa c’entrano i vescovi? Le scuole paritarie cattoliche sono realtà della Chiesa, tuttavia la scuola paritaria cattolica non è una scuola confessionale, è aperta a tutti, a condizione dell’accettazione dell’offerta formativa. L’intervento della CEI è dunque auspicato in virtù del fatto che il pluralismo educativo è un principio di grande umanità la cui difesa interpella tutte le forze della società, compresa la Chiesa. La Francia, vicinissima e laicissima, rappresenta l’exemplum.
Borse di studio e altre forme di intervento non basteranno più: occorre intervenire in modo definitivo e pienamente corrispondente al nostro impianto giuridico. Certamente occorrono tanto coraggio, da una parte, e, dall’altra, una profonda onestà intellettuale che rifiuti qualsiasi visione infeudata dall’ideologia. Del resto chi decide di dedicarsi alla politica sa che questo è il suo compito. Almeno sulla carta.
Suor Anna Monia Alfieri, 24 gennaio 2024