Alcuni giorni fa nel corso di Omnibus, talk mattiniero in onda su La7, abbiamo assistito alla clonazione dell’ennesima emergenza inventata: quella relativa ai morti sul lavoro.
E così come è più volte accaduto durante una pandemia ancora tutta da decodificare, la conduttrice Alessandra Sardoni e tutti i suoi ospiti – il sindaco di Firenze Dario Nardella, i giornalisti Claudia Fusani e Stefano Feltri e il leader della Uil Pierpaolo Bombardieri – erano perfettamente allineati sul dogma dell’emergenza e, conseguentemente, sulla necessità di fare pressione sul governo affinché faccia qualcosa di risolutivo.
Ora, sul piano dei numeri, come ho avuto modo di scrivere più volte, la situazione delle cosiddette morti bianche è sostanzialmente stabile da una trentina di anni, con tendenza ad una graduale diminuzione.
A tale proposito, in questi giorni Vittorio Feltri, in un editoriale pubblicato sul Giornale, ha dimostrato per l’ennesima volta che i numeri hanno sempre la testa maledettamente dura. Tant’è che, dati alla mano, egli ha stilato una classifica piuttosto attendibile in cui l’Italia, checché ne dica la sinistra propaganda emergenziale, si trova in fondo alla lista dei Paesi europei, 21° con 0,98 decessi per 100 mila lavoratori. Basti dire che la Francia, la quale si trova in cima alla medesima classifica, ha un tasso più che quadruplo del nostro, ovvero 4,11 decessi per 100 mila lavoratori.
Eppure nel corso del summenzionato dibattito televisivo si sono raggiunte vette inarrivabili di propaganda terrorizzante, ricordando per l’appunto ciò che accadeva durante il più lungo stato di emergenza della storia repubblicana, in cui chiunque osasse esprimere qualche dubbio o perplessità in merito all’ortodossia dominante veniva tacciato di eresia.
Mattatore indiscusso dell’incontro è stato senza dubbio Nardella il quale, da ottimo pokerista della politica, ha rilanciato la posta, mettendo sul piatto una sorta di scala reale dell’idiozia. Sostenendo la balla secondo la quale gli altri Paesi europei avrebbero numeri assai migliori dei nostri, il sindaco di Firenze ha implicitamente scagliato il suo anatema contro il governo Meloni: “O si fa qualcosa davvero ora, subito, oppure ci sarà la sommossa popolare! Dopo gli scioperi generali, comincerà la sommossa popolare della gente.”
Inoltre, segnalando che dal primo gennaio in Italia si sono contati circa 150 decessi sul lavoro, quindi perfettamente in linea con la tendenza di lungo periodo, Nardella ha elencato alcune di queste tragedia finite sotto la lente dei media. Tra queste la morte di tre operatori del 118 di Urbino, sebbene in realtà le vittime erano 4, visto che anche il paziente trasportato dall’ambulanza era deceduto, la qual cosa dovrebbe farci capire che qualcosa non torna nel modo tutto italiano di contare i morti sul lavoro Di fatto circa due terzi dei morti sul lavoro avvengono sulle strade e riguardano chi per professione guida un autoveicolo e chi lo utilizza nell’andirivieni lavorativo.
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Ecco, ed è qui che casca il classico asino di sinistra. Infatti, occorrerebbe chiedere a Nardella & company, i quali non perdono occasione per suonare la campana dell’allarme sociale, cosa dovrebbe fare l’esecutivo in carica per azzerare i 600/700 lavoratori che ogni anno muoiono sulle strade – che per la cronaca sono ricompresi nei circa 3.500 decessi causati da incidenti stradali – ? Non so, come accadeva per il feticcio della mascherina, forse imporre il casco obbligatorio a chiunque utilizzi un’autovettura, un furgone o un camion durante la giornata lavorativa? Oppure, onde evitare rischi, stabilire il cosiddetto smart working di massa e, laddove non sia possibile, erogare corposi incentivi pubblici a tutti i lavoratori per l’acquisto di veloci e sicurissime autoblindo centauro, ovviamente prive di cannone e mitragliatrici?
In verità, questi mezzi militari consumano un tantino troppo, visto che senza armamento essi pesano almeno 20 tonnellate. Tuttavia, io sono dell’avviso che sia necessario compiere qualsiasi sacrificio, pur di evitare la drammatica sommossa evocata da un Nardella in grande spolvero.
Claudio Romiti, 28 febbraio 2024
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