Qualche tempo fa, Liberilibri ha dato alle stampe un libro che permette di conoscere il pensiero di uno dei più importanti, e purtroppo rimossi, economisti italiani: Maffeo Pantaleoni. Il libro s’intitola “Il manicomio del mondo”. Perché è importante leggere oggi Maffeo Pantaleoni, a cento anni esatti dalla sua morte? Lo spiega benissimo Aldo Canovari nella sua nota dell’editore che apre il libro: “Pubblicare oggi scritti di Maffeo Pantaleoni, grande economista, feroce avversario di ogni socialbuonismo, può apparire una iniziativa insensata. Tanto più se agli scritti del Pantaleoni si accompagna la cura di Sergio Ricossa, grande economista, e anche lui feroce avversario di ogni socialbuonismo. In questi anni di ben temperati conformismi, offrire agli italiani la possibilità di rileggere – o leggere – questi urticanti pensatori, potrà invece rivelarsi utile. I loro affilati argomenti demolitori delle sempre riemergenti superstizioni egualitarie e stataliste, non mancheranno di schiarire l’orizzonte offuscato delle nostre menti, impigrite da decenni di martellanti demagogie.”
Per entrare meglio nel pensiero di Pantaleoni, e per apprezzarne la brillantezza del pensiero e la forza della scrittura, non si può fare niente di meglio che leggerne le parole e apprezzarne l’assoluta, sconfortante, attualità.
Nel 1920 Pantaleoni era invitato a presentare alla Conferenza finanziaria di Bruxelles un memorandum sulle condizioni per il risanamento dell’economia dopo la guerra. Questo memorandum, di cui si trascrivono alcuni brani, è tuttora un documento da antologia di politica economica, sia per lo stile e sia per la sostanza.
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I brani scelti si riferiscono a quello che i governi non fanno, ma dovrebbero fare, o fanno, ma non dovrebbero fare: sono la critica di un mondo alla rovescia, che c’è ragione di temere sia ancora il nostro. Viene in mente la domanda che un altro grande economista, l’inglese Alfred Marshall, poneva a chi gli sosteneva che il governo doveva fare questo e quello: «Intende un governo tutto saggio, tutto giusto, tutto capace, o il governo che abbiamo adesso»?
Da “Il manicomio del mondo”, pp. 85-87
1) I governi hanno, ampiamente dappertutto, ma in misura diversa, cessato di mantenere quelle che sono le condizioni necessarie per lo svolgimento della produzione quali:
- l’ordine pubblico (assenza di violenze);
- la stretta osservanza della validità delle contrattazioni;
- la stabilità (o costanza) della legge.
Tale loro condotta ha elevato i costi reali di produzione a livelli inverosimili. Se cotale malanno possa avere rimedio è questione di politica interna; è però questione sine qua non della rinascita economica sopprimerlo.
2) Ovunque i governi, ma in misura diversa, hanno incluso nella loro gestione e sottratto alle gestioni private, una notevole serie di servizi, per i quali sono totalmente inadatti, come la passata e la recente esperienza hanno provato; cioè i governi:
- sono incapaci di gestire ferrovie;
- sono incapaci di gestire la navigazione;
- sono incapaci di gestire porti;
- sono incapaci di gestire il commercio internazionale delle merci;
- sono incapaci di gestire il commercio degli effetti;
- sono incapaci di regolare il prezzo delle merci di prima necessità;
- sono incapaci di conservare e distribuire queste merci dopo di averle requisite.
I governi hanno spinto al rialzo i costi reali di produzione con tutto ciò e più ancora, trascurando ad un tempo le funzioni che sono loro proprie.
I governi hanno iniziato ciò che è stato chiamato Socialismo di Stato e Paternalismo, ovvero la tutela generale dei cittadini colla creazione di innumerevoli monopolii e privilegi; troncando le iniziative private, distruggendo le speculazioni commerciali ed industriali, facendo assurgere al grado di reato metodi assolutamente necessari negli affari, come i contratti a termine con premi, i cartelli, i trusts, la concorrenza; accaparrando o restringendo il consumo, inibendo la vendita sotto prezzo. Essi impongono e agiscono in conformità di un indirizzo totalmente errato e vieto della teoria dei prezzi, cioè questo: che il costo di produzione regoli il prezzo; là dove ogni economista sa che ciò è della pura alchimia. I governi hanno spinto al rialzo i costi reali di produzione (la resistenza della natura allo sforzo) in misura incredibile, e ciò per solo effetto della loro azione.
Essi hanno infatti distrutta la divisione o cooperazione del lavoro, cioè la macchina più potente della quale disponga l’umanità. La ripresa economica e la ricostruzione richiedono perciò che si cessi di procedere alla trasformazione del mondo in un manicomio.
Se i governi cesseranno di ingerirsi di ciò che non li riguarda, in qualunque tempo ciò sia per avvenire, bastano cinque anni perché la situazione economica possa tornare ancora ad essere normale, e se l’ampiezza del loro disinteressamento potesse essere assai vasta, la restaurazione avverrebbe anche in minor tempo.
La possibilità che i governi arrestino la loro ingerenza e si limitino alle funzioni che sono loro proprie e che consistono nell’assicurare quell’insieme di condizioni generali entro le quali possa liberamente svolgersi la privata iniziativa, è assai tenue, perché l’opinione pubblica sebbene a torto, e i veri e potenti interessi della burocrazia e della routine, li sostengono.
La pubblica opinione è largamente favorevole al socialismo ed al paternalismo e soltanto la povertà, la miseria, le calamità, le sofferenze potranno correggerne la fallace tendenza.
Liberilibri, 1 novembre 2024
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