di Andrea Gebbia
La Svizzera, al contrario di molti Paesi europei, compresi tutti quelli confinanti, Francia, Italia, Germania e Austria, non ha finora espulso nessun diplomatico russo come segno di ulteriore disapprovazione della invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Come riporta il “Blick”, il Servizio delle attività informative della Confederazione (SIC) (che è lo strumento di politica di sicurezza della Svizzera con compiti di prevenzione e valutazione della situazione per favorire gli organi decisionali) ha evidenziato la presenza di circa 70 diplomatici russi che potrebbero agire in realtà come spie per raccogliere informazioni riservate. Se si considera che, secondo i numeri del ministero degli esteri svizzero, nel 2021 c’erano 220 diplomatici russi registrati nella Confederazione, sembra dunque che addirittura almeno un terzo di essi svolga mansioni “discutibili”.
“Mantenere canali con la Russia”
Malgrado la (non) decisione del governo, tutti i principali partiti elvetici, da destra a sinistra, sarebbero invece favorevoli all’espulsione almeno dei più sospetti diplomatici russi. Perché allora la Confederazione non li caccia, come fatto da altri Paesi Ue? Secondo l’esecutivo elvetico, anche in situazioni come quella attuale, con la Russia “devono essere mantenuti” canali di comunicazione diplomatici. Cacciare membri dell’Ambasciata rischierebbe di rovinare i rapporti. Inoltre rischierebbe di “influire sul funzionamento dell’ambasciata elvetica a Mosca”, cosa che “non sarebbe nell’interesse delle cittadine e dei cittadini svizzeri”. Senza contare che la Svizzera ha un mandato particolare in favore della Georgia. E non vuole quindi rovinare del tutto il canale aperto con Mosca, nonostante la decisione di attuare le sanzioni.
Dipendenza energetica
Come osservabile nel sito dell’Ufficio Federale dell’Energia (dati del 2019), in Svizzera il 75% dell’energia consumata proviene da fonti rinnovabili (66% energia idroelettrica, 8% fotovoltaica, eolica e biomasse), il 19% dal nucleare, il 3% da rifiuti e fonti fossili e la restante % da fonti non verificabili. Tuttavia, per la sua economia, la Svizzera importa tre quarti del suo fabbisogno energetico dall’estero, soprattutto petrolio, gas e uranio, spendendo in medie 10 miliardi di franchi all’anno.
Il “20min.ch” e il “Tages Anzeiger Sonntagszeitungri” portano un comunicato stampa della Fondazione svizzera per l’energia (Schweizerische Energiestiftung – SES) secondo cui entro il 12 aprile la Svizzera avrà esaurito le sue riserve interne di materie prime energetiche e quindi dovrà rivolgersi all’estero, favorendo di conseguenza la Russia. Il petrolio è fornito sotto forma di prodotti finiti principalmente dalla Germania, e di esso il 40% ha provenienza russa; il gas arriva per almeno il 50% dalla Russia; l’uranio per le centrali nucleari di Beznau e Leibstadt, è approvvigionato per la sua quasi totalità da fornitori russi.
Con un valore di “indipendenza energetica” dall’estero del 28.1% nel 2020 (valore tra l’altro più alto rispetto al circa 20% degli ultimi 20 anni, dovuto ai meno viaggi in auto e aereo a causa del Covid-19), la Svizzera è agli ultimi posti in Europa (Fonte: Eurostat 2022 “Energy imports dependency”). Grazie alla strategia energetica 2050, con l’obbiettivo “Netto zero [emissioni] 2050”, concentrandosi sull’elettrificazione e sull’aumento della produzione interna, la situazione elvetica non potrà che migliorare.
Profughi ucraini, la solidarietà svizzera
La Svizzera si sta dimostrando solidale e generosa supportando l’Ucraina e accogliendone molti profughi, in fuga a milioni dal loro Paese devastato dalla guerra. Ben il 40% dei rifugiati è ospitato da famiglie private, come riportato da Miriam Behrens, direttrice dell’Aiuto svizzero ai profughi (Schweizerische Flüchtlingshilfe), l’associazione delle opere di soccorso svizzere. Come riportato dal sito della Segreteria di Stato per le Migrazioni (Staatsekretariat für Migration – SEM), fino all’inizio di Aprile, sono stati registrati in Svizzera 21 mila profughi in fuga dall’Ucraina in uno dei sei centri federali di accoglienza.
Tuttavia, per far fronte a questi massicci arrivi di sfollati, la Confederazione ha incrementato i posti nei suoi alloggi da 4500 (prima della guerra in Ucraina) a 8 mila. Questa capacità, però, è già in crisi e dovrà essere aumentata ancora, anche per far fronte a profughi provenienti da altri Paesi (in febbraio 2022 questi ultimi ammontavano a 1300). Quindi, con l’aiuto dell’esercito, le autorità stanno organizzando centinai di posti aggiuntivi per dormire in saloni comunali, palestre o strutture sportive. Tali alloggi sono solo provvisori e servono per le prime cure e la registrazione iniziale dei profughi ucraini che poi vengono assegnati ai vari Cantoni.
I rifugiati ottengono un cosiddetto permesso “S” della durata di un anno, rinnovabile, e che, dopo minimo 5 anni, potrebbe tramutarsi in un normale permesso “B”, che è il primo livello di permesso per stranieri residenti e con un lavoro nella Confederazione Elvetica. Come molte altre tematiche in Svizzera, anche l’aiuto ai profughi è delegato ai Cantoni e quindi si riscontrano molte differenze a seconda della località.
I soldi destinati ai profughi
Secondo il quotidiano zurighese “Tages Anzeiger”, il canton Berna per esempio distribuisce 270 franchi in contanti a settimana per due adulti ucraini con un bambino. Nel cantone di Zurigo invece ogni ucraino rifugiato ottiene un assegno da 500 franchi al mese, che però si può cambiare solo in una determinata banca in un preciso giorno della settimana. Quindi per i bisogni immediati i rifugiati ricevono piccole somme di denaro dai Cantoni; successivamente, una volta ottenuto il permesso “S”, i profughi possono ricevere un “vero” sussidio sociale, di valore però minore rispetto a quello ottenuto dai cittadini svizzeri che ne siano intitolati.
Lo Stato Federale paga direttamente ai Cantoni circa 1500 franchi per ogni profugo col permesso “S”, per coprirne i relativi costi, all’incirca così distribuiti: 400 chf per l’assicurazione sanitaria privata obbligatoria, 600 chf per il sussidio sociale, 200 chf per l’affitto e 300 chf per spese amministrative. Il sussidio sociale viene infine regolato tra i Cantoni, i Comuni e i diretti interessati, quindi spesso diversamente a seconda della regione, malgrado le direttive federali che prescriverebbero trattamenti uguali per tutti.
Questa burocrazia però richiede tempo e spesso i profughi dall’Ucraina arrivano in Svizzera senza niente: diventa quindi difficile resistere con mezzi propri prima che i sussidi vengano loro fisicamente elargiti. La Confederazione è riuscita a venir incontro anche a queste necessità con buon senso pratico: i soldi vengono finora distribuiti in modo rapido senza effettuare subito tutte le verifiche finanziarie sugli sfollati ucraini che li ricevono. Per i primi sei mesi funzionerà in questo modo, poi, per i profughi che rimarranno in Svizzera, verranno verificati i loro possedimenti effettivi ed eventualmente essi dovranno rimborsare parzialmente il denaro ottenuto a seconda della loro situazione patrimoniale.