Non sarà passato inosservato, ieri, un pezzo di Claudio Tito su Repubblica: “La Speranza di Bruxelles: ‘Draghi premier fino al 2023′”. In sostanza, la commissione Ue si augurerebbe che Mario Draghi rimanga a Palazzo Chigi in modo da monitorare i progetti finanziati dal Recovery fund. L’ovvia conseguenza di quella che, addirittura, viene definita una “richiesta informale” dell’Ue, sarebbe di escludere Super Mario dalla corsa al Colle. Al che, uno si domanda: siamo sicuri che questa sia “la speranza di Bruxelles”? Non sarà mica la speranza del Pd e di Enrico Letta, che al Quirinale vorrebbe Romando Prodi e, comunque, un uomo più organico al partito e alla sua area culturale?
In fondo, negli ultimi decenni la sinistra è sempre riuscita a piazzare una propria casella sulla poltrona più importante della Repubblica. E in un’era in cui alla debolezza dei partiti e dei governi ha sopperito il decisionismo del Colle, questo è significato di fatto continuare a muovere le leve del potere, anche in assenza di consenso popolare. Una strategia nella quale la sinistra è, oggettivamente, maestra.
Ora, che Draghi sia un quirinabile non c’è dubbio. Il problema, però, è che l’ex capo della Bce è anche il candidato più immediatamente spendibile dal centrodestra – e non è detto che, in veste di presidente della Repubblica, non possa sostenerlo anche Fratelli d’Italia, che in fondo non ha mai contestato la persona, quanto l’idea delle larghe intese e il rifiuto di Sergio Mattarella di riportare il Paese alle urne, dopo la caduta di Giuseppe Conte. A questi fini, il nome di Draghi fu tirato fuori proprio dalla Lega, su impulso di Giancarlo Giorgetti, in tempi non sospetti. E così, nei corridoi dei palazzi, s’è diffusa una particolare lettura degli eventi degli ultimi mesi.
Secondo i maligni, Mattarella avrebbe cooptato Draghi, con la chimera di un mandato a termine, collegato alla campagna vaccinale e alla stesura del Pnrr per l’Europa, con l’obiettivo di invischiarlo in una travagliata esperienza di governo, logorarlo e scalzarlo dallo scranno di capo dello Stato. Per alcuni, Mattarella sarebbe pronto a seguire l’esempio di Giorgio Napolitano, offrendosi per un bis, anche se non per un intero settennato. Per altri (e stando alle stesse dichiarazioni pubbliche del presidente), egli vorrebbe lasciare il Quirinale entro febbraio 2022, ma intanto avrebbe tolto di mezzo un concorrente scomodo al Pd.
Dunque, a sinistra la strategia sarebbe questa: fregare Draghi per fregare Salvini. Bruciare l’uomo più autorevole d’Italia per togliere una insidiosissima castagna dal fuoco ai sovranisti: se questi ultimi riuscissero a liberare Super Mario dalla premiership e a proporlo per il Colle, sarebbe infatti difficile per il Pd sfilarsi. Peraltro, perdendo ogni entratura in un centro di potere tanto decisivo.