Il podcast di Sallusti

La vera differenza tra Meloni e Schlein

Il podcast di Alessandro Sallusti del 4 luglio 2023

C’è donna e donna e c’è politica e politica. C’è una donna che ieri ha detto “basta fare i taffazzi”, sinonimo di autolesionismo. È il momento di remare e lavorare duro. Poi c’è un’altra donna che sempre ieri ha proposto o, meglio, riproposto più tasse per tutti.

La prima è la leader del centrodestra, la seconda è del centrosinistra. Ora, trovare le differenze tra Giorgia Meloni e Elly Schlein non è mai stato un gioco complicato, ma certo, con il passare del tempo, diventa di una facilità disarmante. Non più destra contro sinistra, banalmente è lavoro contro assistenzialismo, crescita contro recessione, opportunità contro rassegnazione.

Non so se Giorgia Meloni pecchi di ottimismo, certo è che ogni volta che apre bocca la Schlein viene un irrefrenabile impulso di toccare fermo. Una delle massime celebri di Albert Einstein diceva “è meglio essere ottimisti ed avere torto piuttosto che pessimisti e avere ragione”. In altre parole, se non credi che una cosa possa accadere, non accadrà. È la vera presunzione di Giorgia Meloni e di credere profondamente e sinceramente di poter cambiare in meglio questo paese. Il suo progetto è perfetto? Non esistono progetti perfetti. Sarà una strada con inciampi? Molto probabile. Ma in quel “remiamo”, pronunciato ieri davanti agli imprenditori lombardi, c’è un progetto chiaro. Basta pessimismo, che è solamente – lo sosteneva pure Bill Clinton – una scusa per non provare è una garanzia di fallimento personale.

Di recente mi è capitato di leggere la biografia di un grande imprenditor italiano, Romano Sghedoni, oggi al campo di un impero della chimica con 15 filiali in Europa e mille dipendenti, un uomo partito 50 anni fa senza arte né parte da un garage di Sassuolo. A un certo punto scrive “Era un mondo in cui tutto sembrava possibile se solo ci credevi”. Ecco, il mondo sarà anche cambiato, ma la ricetta è la stessa, crederci e remare, non piagnucolare e invocare più tasse che possono sì tappare dei buchi, ma mai risolvere il problema in un paese che ha già ora il welfare al 30% del PIL, cioè il più generoso dell’Occidente, anche se a sinistra nessuno pare saperlo o ammetterlo.