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La vera patrimoniale è pagarci per non lavorare

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Una uscita estemporanea di Leu e alcuni parlamentari Pd ha generato una levata di scudi contro la patrimoniale proposta. Ma c’è un’altra e più considerevole patrimoniale che il governo Conte ha significativamente imposto nel silenzio generale.

È la patrimoniale implicita ma durissima contro i giovani, i bambini non ancora nati, le donne e, in generale, contro tutti coloro che aspirano a una mobilità sociale in un paese bloccato. Il dibattito contro la disuguaglianza può avere due grandi sbocchi. Il primo, caro agli statalisti e ai profeti del “anche i ricchi piangono”, è il tentativo di trasferire risorse attraverso l’intermediazione dello Stato da chi ha generato più ricchezza per proteggere e aiutare chi ha meno risorse. Storicamente questa strada si è ammantata di maggiore o minore radicalismo trasformandosi in comunismo spietato (Cuba) o all’opposto ammantando il comunismo di facciata con un capitalismo sfrenato selvaggio e senza alcuna protezione (Cina di oggi). In generale ha fallito in modo esplicito.

L’arretratezza dell’Europa dell’Est fino alla caduta del muro di Berlino e le tragiche condizioni di degrado di Cuba sono esempi quasi drammatici che testimoniano come il tentativo dello Stato di intermediare e di trasferire risorse genera in tempi molto brevi un generale arretramento delle condizioni collettive proprio per l’incapacità dello Stato di controllare in tutto e per tutto il mercato, per la corruzione che inevitabilmente esplode e soprattutto perché si crea una casta di privilegiati (coloro che amministrano l’intermediazione) che lentamente ma progressivamente diventano autoreferenziali e si costruiscono splendide dimore dorate in cui prosperare mentre il resto della popolazione arranca.

La stessa intermediazione a cui assistiamo oggi in Italia dove che arriva al potere urlando contro la casta, diventa rapidamente casta (la fotografia di Di Maio in auto blu racconta tutto) e non lascia per nulla al mondo i privilegi ottenuti. La tecnica utilizzata da questi regimi, ampiamente fallimentare, è il controllo dei media, la diffusione di una splendida realtà virtuale totalmente avulsa dalla realtà (es. “il modello italiano nella gestione del Covid”), la distribuzione di sussidi a pioggia (i monopattini) finché le risorse lo consentono, seguita poi dal razionamento del pane e, in generale, una politica di panem (i sussidi) et circenses (nel nostro caso gli Stati generali e le prediche dei decreti dpcm in cui si “elargiscono” piccoli premi attuali o virtuali).

In genere questi regimi finiscono molto male. Prima o poi la popolazione si sveglia dal sogno propinato e la statua di Ceausescu cade rovinosamente. Laddove il regime sia stato molto lungo e spietato come in Romania spesso scorre sangue.
Questa tipologia di regime è adorata da chi nella competizione e nella meritocrazia non arriva mai a primeggiare. Sono i terzi della classe, quelli che sognano di fare il capoclasse ma non arrivano nemmeno vicini, a volere questo tipo di regime. Sono quelli che in condizioni aperte e trasparenti non primeggiano per nessun motivo e che odiano cordialmente chi ha successo perché capiscono che non l’avranno mai. Sono i mediocri che trovano più facile disegnare un nuovo gioco per mediocri dove emergere piuttosto che accettare l’ascensore sociale che premi i migliori.

Questa tipologia di personaggi ha trovato nella politica italiana un vasto e accogliente humus e ha creato le condizioni per illudere la popolazione con slogan assurdi tipo “sconfiggeremo la povertà” o “siamo il modello da imitare” per costruire una posizione di potere e di privilegio a cui mai e poi mai avrebbero potuto ambire senza questa gigantesca mistificazione. La distruzione di risorse collettive necessaria per tenere la scena è quello che gli anglosassoni definiscono un “collateral damage”, cioè un danno implicito e necessario per ottenere il risultato principale e cioè la preservazione del potere e del privilegio personale.

Ciò che stiamo osservando in questo momento, cioè le giravolte dei 5 Stelle sul secondo mandato e non solo, il patetico tentativo di Conte di mascherare la propria insipienza e di impedire qualsiasi rischio se ciò comporta il rischio di perdere il proprio ruolo è un esempio lampante. Poco importa se vengono distrutte risorse per miliardi a colpi di scostamenti di bilancio, e se interi strati di popolazione vengono vessati con provvedimenti di brutale limitazione della libertà personale ed economica. L’obiettivo unico è perpetuare e, se possibile, accrescere il potere personale e il ruolo, utilizzando massicciamente denaro dei contribuenti e di chi lavora per catturare consenso.

La seconda e virtuosa strada per ridurre la disuguaglianza è all’opposto plasmare una società dove l’ascensore sociale e la mobilità sociale è garantita, protetta e portata ai limiti massimi. Questa società considera la scuola e l’istruzione come il valore più importante da preservare. Solo attraverso la scuola e l’istruzione viene garantita ai più meritevoli la possibilità di scalare qualsiasi traguardo e la società ne trae indiretto vantaggio perché i più meritevoli creano le condizioni per uno sviluppo sociale ed anche economico da cui trarre le risorse per garantire sempre migliori condizioni di vita a tutti.

Ovviamente la scuola deve essere ferocemente meritocratica. La moltiplicazione dell’impegno con il talento definiscono il risultato. Il talento è dato alla nascita ma da solo non basta, serve l’impegno costante e duraturo per fare fruttare il talento. Ma solo un’istruzione meritocratica riconosce talento e impegno, ne premia i risultati e ne definisce la possibilità di accedere a traguardi sempre più alti.

Così funziona in Cina, nella Cina comunista, dove il processo di selezione nella scuola è addirittura brutale e, in ultima analisi, serve per definire sia la classe dirigente, sia la classe imprenditoriale in modo molto accurato, ovviamente senza privilegiare la nascita o il censo. La meritocrazia spinta nel sistema scolastico è la migliore patrimoniale esistente. Se anche sei ricchissimo ma il sistema scolastico ti evidenzia come “povero” di talento e impegno, la ricchezza non servirà a garantire un ruolo di rilievo né nella società né nella classe dirigente. La ricchezza verrà lentamente consumata e non c’è blocco sociale che tenga. All’opposto un sistema scolastico come il nostro che tutto nasconde e appiattisce, consente al censo e alla nascita di mascherare la propria incapacità e di assurgere, immeritatamente, a ruoli che sono “comprati” e non meritati.

Oltre al fondamentale ruolo della scuola, un sistema ad elevata mobilità sociale fa sì che siano protette le fasce sociali veramente deboli, cioè i giovani e le donne nella loro ricerca di emancipazione e di crescita con risorse generate dalla fascia relativamente forte, cioè gli uomini in età lavorativa avanzata. Questo significa ovviamente tassazione della ricchezza generata (e non del patrimonio come visto sopra), protezione sociale della persona e non del posto di lavoro inefficiente, massima ricerca della produttività e non del privilegio e dell’immobilismo sociale, attenta valutazione dei meccanismi di trasferimento intergenerazionale come le pensioni, particolarmente se “not funded” come in Italia.

Ogni sistema economico e sociale non ha risorse infinite e deve scegliere a chi allocare le risorse. Noi collettivamente, per la miopia interessata del ceto politico di secondo ordine che alcune classi sociali hanno scelto (interessatamente) nel tempo, abbiamo deciso di privilegiare i vecchi contro i giovani, chi ha un posto di lavoro contro chi non ce l’ha, gli uomini oltre i 45 anni contro le donne sotto i 35. Inutile affermare che non c’è contrapposizione o che “bisogna trovare risorse per tutti”.

È una colossale mistificazione, perché le risorse sono scarse per definizione e bisogna scegliere. Noi abbiamo scelto di non avere asili nido, di non dare opportunità ai giovani, privilegiando sempre pensionati rispetto ai giovani, di difendere e salvaguardare posti di lavoro decotti (Alitalia e molti altri) e non le persone che perdono il lavoro perché è antieconomico. Abbiamo scelto di bloccare i licenziamenti, non di incentivare le assunzioni. È molto evidente e anche molto semplice da leggere. Abbiamo scelto i voti dei pensionati e delle persone sopra 45 anni perché numericamente sono in maggioranza rispetto ai giovani e ai minorenni che non votano, non perché sia giusto ma perché si conserva il potere.

L’Italia ha scelto sempre in questi anni la strada facile e populista, facile da comunicare a tutti, facile perché non affronta il problema ma lo rimanda, facile perché non comporta costi diretti e indiretti. Così facendo siamo il paese europeo che cresce di meno da 30 anni, il paese con la natalità più bassa in Europa sull’indicatore chiave che sono i figli per donna in età fertile, il paese con il debito pubblico più alto in Europa. Abbiamo fallito. Senza alcun dubbio. Questo modello non funziona e non può funzionare.

Infatti, messo alla prova più difficile, il Covid, fallisce ancora di più e in modo terribilmente conclamato. Questo governo è l’apogeo del fallimento. Abbiamo ormai il maggior numero di decessi per milione di abitanti (escluso il Belgio su cui si dovrebbe poi fare un approfondimento specifico sul sistema delle case di riposo), il peggiore risultato di decrescita del 2020 + 2021, il peggior saldo di aumento del debito pubblico per contrastare la pandemia.
Abbiamo speso più di tutti, cresciamo meno di tutti, e abbiamo avuto il più alto numero di decessi per abitante.
Un fallimento così grande è così evidente da rendere i proclami del governo paragonabili a urla alla luna.

Il “modello italiano” è una tragedia collettiva che ancora una volta ribalta sui giovani decrescita, crollo delle nascite e debito, partendo da una situazione già pessima e peggiorandola ulteriormente.
Il dato,di fatto più grave però è l’attenzione mediatica mente spostata sul numero di inviti al cenone, sulla tombola, sull’orario della messa di Natale e non sulle prospettive di una generazione. è la solita drammatica inversione della realtà. Ci si preoccupa dei prossimi 30 e si parla solo di quello , senza nemmeno chiedersi cosa succede tra 10 anni… perché non riguarda i politici e il prossimo voto.

Ed è questa la patrimoniale drammatica sui più deboli. Perché alla fine saranno i più deboli a pagare domani e dopodomani il conto salatissimo non in termini finanziari, ma ben più gravemente sulla propria vita.
I giovani che si laureano nel 2020 e 2021 non troveranno lavoro. Anche quelli bravi, perché non ci sarà sviluppo. Le donne e le famiglie che volevano fare figli ne faranno molti meno, e perderanno 2 o forse 3 anni della loro vita perché sono incerti del futuro, perché non c’è lavoro, i ristoranti e i bar sono chiusi e le aziende non assumono nessuno.

I debiti contratti si pagheranno con tasse elevatissime, e questo peserà su crescita e investimenti trasformando l’Italia in un paese povero, dopo che la generazione dei nostri genitori ha fatto il miracolo economico.
La patrimoniale economica sulle ricchezze magari poi arriverà davvero, ma sarà ridicolmente irrilevante su 3 trilioni di debito nel 2024. Un ulteriore errore di populismo economico datato e dimostratamente inefficace. Peggiorerà ancora la situazione.
La patrimoniale sulla generazione sarà nei fatti ineludibile e sarà stata determinata dalla incapacità dei nostri attuali politici, dal loro orientamento al breve, dalla modestia che non riesce a bilanciare la difesa del futuro con la gestione del presente.

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