Vorrei provare a mettere in relazione due fatti che sembra non lo siano. Da una parte, gli straordinari successi raggiunti dal Regno Unito nella campagna vaccinale, e anche sensibilmente e di conseguenza nella diffusione del virus; dall’altra, i risultati di un sondaggio svolto fra i sudditi di Sua Maestà dopo l’intervista rilasciata a Oprah Winfrey dal principe Harry e Meghan Markle.
Sul primo punto c’è poco da dire: dopo un comprensibile sbandamento iniziale, Boris Johnson ha capito subito che la partita si sarebbe giocata sui vaccini e, mentre sul continente ci si perdeva in chiacchiere e burocrazia, ha messo su un piano vaccinale di una efficienza straordinaria. Con parole di verità si è rivolto agli inglesi, i quali con piena fiducia nel capo del governo hanno risposto unanimi, come nei momenti peggiori della loro storia è sempre accaduto. Johnson, in verità, è stato supportato anche dalle poche ma precise parole pronunciate in due o tre occasioni ufficiali dalla Regina, verso cui gli abitanti d’Oltremanica nutrono una fiducia veramente totale, se così si può dire.
E qui veniamo al secondo punto, per la precisione al sondaggio di YouGov riportato sul Daily Mail che indica per i due rampolli un calo di popolarità di 15 e 13 punti, rispettivamente, dopo l’intervista americana. Lo stesso sondaggio ci dice invece che la stima e l’apprezzamento verso la casa regnante è rimasto non solo immutato, ma è anche aumentato: ben quattro persone su cinque (l’ottanta per cento degli inglesi) è senza dubbi dalla parte della Regina. E lo stesso Johnson non ha avuto dubbi nel solidarizzare subito con lei (mentre i laburisti come al solito hanno tentennato). Da questo punto di vista l’intervista è stata un clamoroso boomerang. Perché ciò sia accaduto è presto detto: la monarchia, per gli inglesi, rappresenta il valore dell’unità e della coesione nazionale e, nello stesso tempo, la garanzia simbolica di una continuità storica che ha permesso il fiorire delle più ampie libertà e garanzie che uno Stato moderno possa offrire. Una libertà che si è trasmessa a tutti i popoli dell’Impero, che li ha fatti crescere ed evolvere proprio mercé le virtù di quel colonialismo che oggi la cultura liberal vorrebbe descrivere solo come sopraffattore e diabolico.
Così dimenticando la straordinaria forza propulsiva e civilizzatrice (si può ancora dire?) che esso ha avuto: popoli di tutte le etnie, culture e razze possibili hanno potuto beneficiare delle libertà inglesi, così come la stessa Gran Bretagna è diventata, con i pregi e anche i difetti del caso (la storia non è mai monocolore), una delle nazioni più multiculturali e inclusive esistenti oggi sulla faccia della terra.
Vista in questa prospettiva, l’accusa di “razzismo” rivolta ai reali dalla duchessa del Sussex è ridicola prima che errata. Harry e Meghan sono figli del nostro tempo, fatto di immagine e poca sostanza, di slogan facili e di pensiero semplice, di buoni sentimenti e cattive azioni. Che però a Buckingham Palace ci sia ancora un Re (mentre a Berlino non c’è più forse un giudice), e soprattutto che gli inglesi di buon senso siano ancora con lui, è un buon segno. Una piccola luce nei tempi oscuri dell’obnubilamento delle coscienze. Che sia stata proprio questa “vicinanza”, questo sentirsi parte di una comunità, il vero motore che, facendo sentire un solo corpo sudditi e regnanti, governati e governanti, ha sconfitto Covid-19 come sconfisse a suo tempo il ben più pericoloso Terzo Reich? God Save the Queen!
Corrado Ocone, 14 marzo 2021