Nei sette anni che ho passato in questo mondo, di casi “di mercato” come questo ne ho visti a decine, per cui non mi stupisco. La corruzione vera non è quella della bustarella al funzionario infedele, ma quella che si compie nelle stanze ovattate dove sono indicate le specifiche del capitolato di gara. È una forma corruttiva, quando si attua, che non può essere scoperta. Non servono le intercettazioni telefoniche, neppure il trojan, perché costoro si parlano muovendo i muscoli del viso, storcendo la bocca, chiudendo gli occhi, sbattendo le palpebre, sorridendo, appoggiando una mano alla fronte; sono mafiosi di alta classe. E i loro pizzini sono mentali.
In arabo coschin significa oscurità e i siciliani, che per secoli sono stati sotto il tallone del Califfato hanno dato il nome cosca alla brattea del carciofo, cioè quel fascio di foglie impenetrabili che protegge, con spine crudeli, la parte nobile della pianta. La mafia ha chiamato cosche le cellule di base dell’organizzazione criminale; devono essere strette, protettive, oscure attorno ai loro capi.
L’establishment euro americano si è impossessato anche di questo nostro know how, cambiandogli però il nome. Usano il termine cosca, solo nei dialoghi dei telefilm dei Soprano’s, mentre per i loro loschi affari, che chiamano business, traducono cosca nel termine più elegante di lobbying. Se pratichi la prima c’è la galera, se la seconda c’è la ricchezza. È il Ceo capitalism, bellezza!
Riicardo Ruggeri, 8 ottobre 2019