La vera storia di Grillo e Casaleggio

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Nel 2013 scrissi un Cameo in cui definivo Gianroberto Casaleggio e Beppe Grillo due che trattavano la politica come un gioco, entrati in un meccanismo dal quale avrebbero avuto difficoltà a uscirne. Mi chiedevo: quali comportamenti avranno i deputati del M5s in Parlamento? Si riuscirà a capire, attraverso le loro azioni, il disegno finale del duo? Puntano effettivamente, come dicono, al 100% dei consensi? Sono determinati a prendere il potere a ogni costo, come paventano i colti, oppure non si attendevano il successo elettorale, e ciò li ha fatti entrare in un meccanismo perverso, che li seppellirà? (come ovvio, in senso metaforico).

Nel 2016 scrissi un Cameo riportando le risposte sui due leader: non c’era nessun disegno golpista, solo il desiderio di due vecchi amici di “giocare”. Avevano avuto successo nella vita, si erano stufati del tran tran: nulla di più triste di un vecchio comico che ripete stanche battute, così come fare informatica in andropausa, mestiere da adolescente. Ecco allora l’idea di un Movimento politico (per uno una App, per l’altro una battuta). L’uno aveva grandi capacità comunicative e il profilo del geniale dissacratore di miti, l’altro era un algido abate con idee stravaganti ma affascinanti sul web.

È probabile che sognassero un partitino del 5%. L’establishment gli oppose leader “analogici”, Pierluigi Bersani e Giorgio Napolitano, poi Enrico Letta e Matteo Renzi, lasciando al duo le praterie del digitale. Craxi ci aveva messo 10 anni per superare il 10% (suicidandosi), loro nel ‘13 presero di colpo il 25%, nel 2018 un terzo degli elettori italiani li votò. Scrissi allora che l’establishment, e la sua protesi politica (Pd), tentarono in tutti i modi di demolirli, dalla mitica battuta suicida del solito Piero Fassino, fino alle volgarità politicamente colte dei transfughi Andrea Romano e Gennaro Migliore. Ormai era fatta, la loro grande intuizione, non so se elaborata scientemente o casualmente, aveva trapassato le nostre menti e gli schermi tv: “Destra e sinistra sono morte, il nemico è l’establishment”.

Fu un’analisi perfetta. Furono tra i primi ad aver capito che l’establishment, sotto la cipria del politicamente corretto, era nudo. Un semplice blog, dal linguaggio spesso sgradevole, a volte volgare, bastava e avanzava per metterli in crisi, e farli barricare dietro improbabili ridotte, Quirinale, Palazzo Chigi, Italicum, Banca Etruria.

Questa analisi fa sorridere? Liberi di farlo, ma dobbiamo riconoscere che è la stessa emersa alle Primarie Usa 2016: la metà dei democratici e i 2/3 dei repubblicani si dichiararono contro l’establishment. I giovani sognatori di Barack Obama, ora si identificavano nel vecchio Bernie Sanders (gli bastò togliere chic da radical e divenne un mito), gli “antipatici” repubblicani assunsero il volto anti-élite di Donald Trump e di Ted Cruz. La Grande Crisi muta, non solo l’Economia, ma anche la politica, scrissi allora. Guardateli questi regolatori, questi presidenti e premier, sono vecchi che camminano, lo fanno stancamente, senza una meta. Sembrano dei poveracci.

Torniamo a noi, Casaleggio è morto giovane, Grillo ha cancellato il suo nome dal Movimento. In quell’epoca si comportarono secondo natura, con la nobiltà e la dignità dei salmoni del Pacifico. Sono tornati al fiume che li aveva visti nascere, lo hanno risalito, gli osceni vecchi orsi in attesa di banchettare sono rimasti gabbati (evviva), hanno deposto le uova, senza forze si sono allontanati, nella terra selvaggia di acqua e foreste del Canada che li aveva visti nascere.

Solo la tv svizzera ha ricordato la frase chiave di Casaleggio, diventato il suo testamento “Se il movimento non si affranca dai suoi Fondatori, è destinato a scomparire”. Allora mi chiesi: la morte di Casaleggio, l’uscita di Grillo matureranno il Movimento, come succede ai giovani che perdono prematuramente i genitori?

Nessuno poteva prevedere che uno sconosciuto avvocato del Deep State più profondo, un alto burocrate lontano mille miglia dalla cultura grillina, riuscisse a gabbare parte dei gruppi parlamentari grillini (e lo stesso Grillo), tentando un avventuroso golpe interno. Non su una linea politica ma su uno statuto, giocando sulle parole, confondendo pure autocratico con autarchico. Un attacco di vanità lo ha tradito, Grillo lo ha capito (“sono un Garante ma non un fesso”) e ha rovesciato il tavolo. Come finirà?

Riccardo Ruggeri, 3 luglio 2021

Zafferano.news

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