La vergogna è servita. Karim Khan, il procuratore capo della Corte penale internazionale (CPI), ha chiesto l’emissione di mandati di arresto contro eminenti figure politiche e militari israeliane e membri del gruppo Hamas. Tra gli israeliani figurano il primo ministro Benjamin Netanyahu e il ministro della Difesa Yoav Gallant, accusati di crimini di guerra e contro l’umanità, inclusi la riduzione alla fame di civili come metodo bellico, di causare sofferenze o lesioni gravi, trattamenti crudeli, uccisione intenzionale, attacchi a civili, sterminio e persecuzione.
Le accuse a Netanyahu
Queste accuse derivano dalle operazioni militari nella Striscia di Gaza, teatro da lungo tempo di un aspro conflitto. Il procuratore riconosce il diritto di Israele “come ogni Stato a difendersi”, ma questo diritto non lo assolve “la legge umanitaria internazionale”. E infatti la Cpi contesta “l’assedio totale imposto su Gaza per lunghi periodi e in seguito di limiti arbitrari all’ingresso di materiali” che avrebbero provocato una “privazione sistematica dei mezzi per la sopravvivenza”.
“Il mio ufficio – si legge nella dichiarazione di Khan – sostiene che i crimini di guerra denunciati in questi ricorsi sono stati commessi nel contesto di un conflitto armato internazionale tra Israele e Palestina e di un conflitto armato non internazionale tra Israele e Hamas (insieme ad altri gruppi armati palestinesi) che si svolge in parallelo. Riteniamo che i crimini contro l’umanità imputati siano stati commessi nell’ambito di un attacco diffuso e sistematico contro la popolazione civile palestinese in applicazione della politica dello Stato. Questi crimini, secondo la nostra valutazione, continuano ancora oggi”.
Le accuse ad Hamas
Analogamente, leader di Hamas quali Yahya Sinwar, Mohammed Deif, Ismail Haniyeh e Diab Ibrahim Al Masri sono stati accusati per crimini simili, per azioni iniziate il 7 ottobre 2023, sia in Israele che a Gaza. parliamo di accuse di “sterminio, omicidio, presa di ostaggi, violenza sessuale, tortura” sulla base dei 1.200 israeliani uccisi e oltre 240 rapiti nel tremendo attacco terroristico. Quello che sconcerta, ovviamente, è l’aver paragonato Neyanyahu ai jihadisti che hanno sgozzato donne e bambini. “Mettere i leader di un paese che è andato in battaglia per proteggere i suoi cittadini sulla stessa linea dei terroristi assetati di sangue è cecità morale”, ha scritto Benny Gantz su ‘X’.
La decisione alla Cpi
Cosa succede, adesso? Il processo della CPI prevede che un gruppo di giudici valuti le prove presentate e decida se procedere con i mandati d’arresto, rifiutare la richiesta o sollecitare ulteriori dettagli. Questa procedura, pur essendo basata su principi di legalità e giustizia, avviene in un contesto altamente politicizzato e carico di tensioni internazionali.
Le reazioni in Israele sono state immediate e forti. Figure di spicco come Benny Gantz, ex ministro della Difesa, e il presidente Isaac Herzog hanno condannato le azioni della CPI, accusandola di politicizzazione e di non comprendere le dinamiche del conflitto sulle misure di autodifesa adottate da Israele. Netanyahu ha etichettato l’iniziativa come “scandalosa”, ribadendo la posizione irremovibile del governo israeliano.
Intanto procedono le trattative a livello internazionale per cercare una soluzione alla guerra in Palestina. Gli Stati Uniti, attraverso il consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan, hanno evidenziato l’importanza di collegare le azioni militari di Israele a una strategia politica “che possa garantire la sconfitta duratura di Hamas, il rilascio di tutti gli ostaggi e un futuro migliore per Gaza”. In sostanza ha ribadito la posizione di Biden e dell’amministrazione Usa sull’attacco, ormai imminente, a Rafah. Benny Gantz, da parte sua, ha ribadito che che “Israele è impegnato a continuare i combattimenti a Rafah e ovunque a Gaza finché non sarà eliminata la minaccia di Hamas e ci sia il ritorno degli ostaggi“. La guerra continua.
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