Da qualche anno circola un sotto genere chiamato “appello al presidente della Repubblica”. Si tratta di preghiere, composte in stile più o meno devozionale e lacrimoso, affinché il Quirinale intervenga sul governo in carica, per fermarne qualche iniziativa. Il genere ebbe i suoi esordi nel 1994 durante i pochi mesi del governo Berlusconi I, nei quali peraltro Scalfaro, il presidente della Repubblica in carica, non dovette certo farsi pregare per far naufragare quella esperienza e impedire a Berlusconi (vincitore delle elezioni) di ritornare al governo. Il periodo florido fu tuttavia quello della presidenza Ciampi durante il governo Berlusconi II: non c’era partito, giornale, fondazione, associazione dalle più grandi a quelle di bocciofila, tutte rigorosamente di sinistra, che non si appellassero al Quirinale per bloccare il “tiranno” Berlusconi. Stesso repertorio quando, al posto di Ciampi, andò Napolitano. Che, diversamente da Ciampi, il Cavaliere lo fece effettivamente uscire da Palazzo Chigi.
Negli ultimi tempi assistiamo però questa novità; l’appello al Quirinale viene dagli ambienti di centro-destra, che in passato si era sempre chiamato fuori, quando era all’opposizione (con Scalfaro dopo il 1995 e con Napolitano tra il 2006 e il 2008). Forse perché sapeva la vera verità: che non si vede perché il presidente eletto da una maggioranza di centro-sinistra dovrebbe ostacolarla. Verità che oggi si tende a dimenticare: Mattarella è stato scelto e votato dal Pd, partito di cui il Presidente è stato uno dei fondatori, e prima ancora ministro della Difesa con D’Alema e figura di primo piano del Partito popolare e della Margherita. Sembra quasi che a ricordare queste banali verità si rischi la mancanza di rispetto nei confronti del Presidente. Ma, come ho cercato di mostrare in un libro di qualche anno fa, Le Armate del Presidente. La politica del Quirinale nell’Italia repubblicana, nel nostro ordinamento i presidenti della Repubblica, in modi e forme diverse a seconda della personalità e del contesti, hanno sempre esercitato un ruolo politico di primo piano, sempre determinato i governi nazionali.
Se poi nella Prima Repubblica erano tenuti a bada dal partito principale, la Dc, anche quando il Presidente non veniva da lì, nella seconda il Quirinale è diventato il vero asse del sistema. Anzi: l’unico, gli altri essendo saltati tutti. Soprattutto dopo il 2011 siamo diventati nei fatti una repubblica semi presidenziale: dal governo Monti incluso, tutti gli esecutivi, compreso quello Renzi (egli non avrebbe pugnalato Letta senza il consenso di Napolitano, che influì non poco sulla composizione del suo governo) possono essere considerati del presidente, compreso il Conte I. E a maggior ragione il Conte II: l’alleanza tra Pd e i 5 stelle era stata preparata fin dalla legislatura precedente.
Se fossimo leader di partito o parlamentari dovremmo anche noi giocare al gioco di non sapere, o di far finta di non sapere, tutto questo. Ma da osservatori delle ferine leggi della politica, abbiamo il dovere di dire che rivolgere appelli al Presidente della Repubblica, il vero capo di questa maggioranza, affinché freni questo o quel provvedimento, è una pia illusione. Così come era un pia illusione, da parte del centro destra del passato, pensare che esponenti della sinistra come Ciampi e Napolitano evitassero di ostacolare i suoi governi; con tutto che Ciampi era stato votato anche da Forza Italia. Una volta chiarito questo, non dico che si debba mancare di dialogare con il presidente della Repubblica, incarnazione dello Stato (e per il centro destra lo Stato dovrebbe essere importante); dico solo di non aspettarsi di trovarselo alleato.
Tutte considerazioni da ricordare in vista della prossima elezione del Quirinale. Non è infatti da escludere che Mattarella pensi ad una sua riconferma, magari non di un altro mandato intero: con il Napolitano bis in fondo si è infranto un tabù. In questa chiave, la blindatura di Conte sarebbe necessaria almeno fino al prossimo anno, soprattutto se i segnali dell’economia continuassero ad essere meno disastrosi del previsto: senza uno stato di emergenza economico, non vi sarà nessun governissimo, un’ipotesi poco gradita al Quirinale, essenzialmente perché lo esporrebbe ancor più (un governissimo è ancor più un esecutivo del presidente di quanto non sia l’attuale).
E Mattarella non è Napolitano: anche se per ragioni forse involontarie, il suo potere è oggi persino superiore a quello del suo precedessore.
Marco Gervasoni, 6 agosto 2020