Con la morte di Mohsen Fakhrizadeh-Mahabadi, protagonista di primario interesse, si aprono scenari decisamente delicati sia all’interno che all’esterno dei confini iraniani.
All’interno perché qualcuno dovrà spiegare agli Ayatollah come può un gruppo di fuoco agire liberamente a pochi chilometri dai centri del potere e, soprattutto, come gli attentatori siano riusciti a conoscere il tragitto delle auto che scortavano il dottore ed eliminarlo insieme alla sua scorta in meno di duecentoquaranta secondi, per poi sparire nello stesso nulla dal quale erano emersi.
E all’esterno, e qui la cosa può diventare ancora più grave, perché gli attriti con le potenze vicine potrebbero dare il via adaccelerazioni che, una volta intraprese, potrebbero diventare incontrollabili. Non è un caso che nel tardo pomeriggio il governo di Teheran non si è limitato ad accusare solo lo Stato Ebraico, ma anche l’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi, il Bahrein e l’Unione Europea che, sempre secondo Teheran, non è incisiva nei confronti di Israele.
Difficile capire cosa potremmo aspettarci nelle prossime ore, considerando però che nei giorni scorsi Washington ha spostato diversi bombardieri B52 nelle basi USA in Arabia Saudita e in Kuwait e che lo Stato Maggiore della Difesa israeliana ha messo in massima allerta tutte le basi operative, c’è solo da sperare che le cose si calmino e che la diplomazia riesca a trovare un punto di equilibrio prima che si passi dalle parole e piccole scaramucce a scontri più importanti.
Michale Sfaradi, 28 novembre 2020