Oggi ricorre la memoria del paziente 1 di Codogno. Ma dietro fiumi di retorica, noto che in pochi ricordano come andarono veramente le cose. E cioè, che il paziente 1 fu scoperto solo perché una dottoressa di quell’ospedale lombardo disobbedì alle linee guida ministeriali, mutuate da quelle dell’Oms, e fece il tampone (allora prescritto esclusivamente per chi era stato in aree a rischio o aveva avuto contatti con persone provenienti da aree a rischio). In varie occasioni, la dottoressa ammise che, “scartate tutte le ipotesi possibili, pensammo all’impossibile”.
Insomma, il 21 febbraio 2020, praticamente 20 giorno dopo che era stato dichiarato lo stato d’emergenza, per scoprire un malato di Covid gravemente sintomatico (questo ragazzo finì intubato), bisognava “pensare all’impossibile” e disobbedire alle linee guida. Eppure, il nostro compianto premier Giuseppe Conte (che avrebbe poi, scandalosamente, avuto il coraggio di accusare i sanitari del pronto soccorso di aver favorito la nascita di un focolaio), in televisione aveva garantiti: “Siamo prontissimi”. Non avevamo nemmeno uno straccio di piano di pandemico. Ecco, a me queste cose piacerebbe che non le dimenticassimo.
Nicola Porro, 20 febbraio 2021