Provo a dare risposte ad alcuni lettori dei Camei pubblicati nel mese di febbraio, usando scritti e parole o di premi “Nobel” oppure, più modestamente, mie.
1) Perché nei paesi ad alto tasso di innovazione (Usa, Giappone, Europa, in parte) la mitica produttività è moscia, così salari e inflazione?
“Problema irrisolto per noi studiosi” dice Christopher Pissarides, Nobel per l’Economia 2010. “Essendo la produttività un rapporto fra la produzione e la forza lavoro, purtroppo l’output considera il numero assoluto degli addetti senza considerare il tempo di lavoro degli impieghi, né che ove ci sono molti disoccupati la produttività è più alta perché vengono licenziati i meno qualificati, così come vengono ignorati altri aspetti qualitativi come l’impatto dell’ecologia e la gender equality”.
2) Quindi professor Pissarides la rivoluzione 4.0 aumenterà le diseguaglianze economiche?
“Certamente sì, per risolvere il problema dovranno intervenire i Governi”. Ora è chiaro, gira, gira torniamo sempre al mitico Totò (.. e noi paghiamo).
3) Alcuni Stati americani hanno proibito l’introduzione di veicoli autoguidati. Sono contro il progresso?
No, c’è un mix di tre cose, le prime due mie, la terza del Nobel:
a. La potente lobby dei tassisti sta combattendo l’ultima battaglia, tipo cavalleria polacca contro i carri armati nazisti (la metafora non poteva venirmi meglio);
b. Non è stato ancora normato il comportamento etico dell’algoritmo: nei casi limite si deve abbattere il pedone e salvare il passeggero o viceversa? In caso di incidente mortale, chi deve andare in galera, il padre dell’algoritmo (come vorrei io) o il proprietario dell’auto?
c. Lo stesso Nobel Pissarides confessa: “Sono perfettamente conscio del fatto che un veicolo autoguidato ha meno probabilità di fare un incidente che un autista umano, però non permetterei mai ai miei figli andare a scuola con un bus autoguidato”. Un Nobel umano.
4) Carlo Calenda e Paolo Gentiloni da riformisti radical chic si saranno mica trasformati in un Landini in sedicesimo?
La vicenda Embraco è stata una delle più divertenti sceneggiate politiche viste negli ultimi anni: sono due attori nati. Sapevano perfettamente che Embraco si era mossa secondo il Protocollo non scritto delle multinazionali. Ricordo quando in America dovetti aprire un nuovo stabilimento.
Già negli anni Ottanta era prassi una competizione fra i cinquanta Stati in termini di facilitazioni strutturali: leggi ecologiche, “trade union free” (potevi addirittura rifiutare la presenza di “seccanti” sindacati interni in cambio di un accordo, in sede di assunzione, per una retribuzione media superiore del 4-5% al mercato sindacalizzato), finanziamenti statali, tassazione, etc. Scelsi allora South Carolina, anziché la Pennsylvania dove avevo gli insediamenti storici.
Le norme europee, immagino, siano state strutturate nello stesso modo.
I due attori ci hanno fatto credere che i “cattivi” di Embraco volessero scipparci 500 posti di lavoro portandoli in Slovacchia. In realtà, Embraco aveva scelto dal 2000 (sic!) di insediare in Slovacchia il suo unico polo produttivo europeo (i tedeschi vollero i paesi dell’Est in Europa per sfruttare mano d’opera contigua a basso costo).
Il giochino avviene rispettando la prassi di un Protocollo in cinque punti:
1 Scambio insediamento produttivo con aiuti pubblici.
2 Scambio abbattimento di tasse con garanzia di rimanere.
3 Minacce di andarsene (ricatti), ottenere altri benefici, e restare.
4 Quando i budget sociali sono prosciugati, vanno via rifiutando ogni proposta dell’ultima ora.
5 Il trasferimento verso il nuovo sito diventa operativo, il titolo in borsa, come giusto, cresce, i due attori fanno l’ultima sceneggiata fingendo di battere i pugni in Europa. Risultato: un flop tipo Ema-Milano.
Che faranno ora Calenda e Gentiloni? Passate le elezioni, la cipria del tempo la farà da padrone, fingeranno bisticci colti con gli economisti puristi che li inviteranno a rispettare le regole della globalizzazione (“Attenti: lo Stato non può essere un private equity!”), alla fine daranno ai 500 qualche “mancia sociale” e l’oblio calerà definitivamente su di loro.
Per le statistiche di regime andranno a ingrossare la folla dei “perdenti della globalizzazione”. “Il progresso purtroppo ha le sue vittime”, si diranno l’ex ministro e l’ex premier sbocconcellando una tartina e facendosi un populista prosecchino, twittando felici.
Riccardo Ruggeri, 27 febbraio 2018