Laboratorio gender, l’incredibile autodifesa del rettore di Roma 3

L’ideologia regna sovrana, ecco la difesa di Fiorucci: “Abbiamo ascoltato sette bambini in dubbio sulla loro identità”

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Rettore Roma 3 transgender

Ha destato giustamente scalpore il laboratorio per bambini trans e gender creative organizzato dall’Università di Roma Tre, ultimo esempio della furia gender in Italia e non solo. Sabato s’è tenuto “un progetto di ricerca con strumenti ludico-creativo per ascoltare e accogliere le storie di bambin* e ragazz* (dai 5 ai 14 anni) condotto da ricercator* della comunità e da un’insegnante montessoriana”, tutto pagato con i soldi dei contribuenti. Il Mur ha dato mandato agli uffici del ministero per acquisire informazioni e per valutare la corrispondenza con il bando. Una vicenda preoccupante, che evidenzia l’ossessione Lgbt. E non è tutto, perché il rettore di UniRoma3 rivendica con orgoglio l’iniziativa.

Intervistato da Repubblica, il rettore Massimiliano Fiorucci s’è detto “arrabbiato e allibito” per gli attacchi ricevuti, con l’università (presunta) vittima di “una vera e propria campagna diffamatoria”. Il rettore ha evidenziato che tutto è partito da un gruppo di ricerca che ha avviato una piccola attività di ricerca di tipo qualitativo: “Un’assegnista ha presentato un progetto per l’ascolto di un gruppo di bambini-adolescenti che nutrono dubbi sulla loro identità di genere. Un progetto, sottolineo, di ascolto, senza alcun tipo di forzatura. Non è un corso e neppure un esperimento e la parola laboratorio gli ha regalato un’aura di mistero che ha fatto esplodere le contestazioni”. E qui c’è la prima cosa che non torna: perché parlare di “bambini trans”? Perché, soprattutto, non studiare cosa dicono gli esperti, ossia che nutrire dubbi sull’identità di genere da bambini è diffuso e nella stragrande (e comprovata) maggioranza dei casi non si passa a un percorso di affermazione di genere.

Fiorucci ha evidenziato che sono stati ascoltati sette bambini e non c’è stata alcuna domanda intima, ma un racconto generale e spontaneo attraverso gli strumenti del gioco. “L’intenzione era quella di conoscere il vissuto scolastico e familiare”, ha evidenziato: “Tutto nel rispetto della volontà delle famiglie. Non c’è stata pressione, nessun indottrinamento. Non era un insegnamento universitario, solo un incontro per costruire una ricerca”. L’incontro si è tenuto sabato, al Dipartimento di Scienze della formazione, ma Fiorucci ha tenuto a precisare che non ci sono state forzature di alcun tipo nei confronti dei bambini. Ma la pressione appare evidente: coinvolgere bambini di cinque-sei anni non può non essere vissuto come un’esasperazione, soprattutto di fronte a temi così delicati.

Quello dell’Università di Roma Tre non è nemmeno il primo caso di questo tipo: negli ultimi anni sono aumentati esponenzialmente i numeri delle attività rivolte ai minori con chiari riferimenti alla sfera intima. Senza dimenticare le iniziative di stampo ideologico per promuovere l’agenda Lgbt come con l’adozione della carriera alias, dei bagni neutri, di progetti gender, con finanziamenti a iniziative di associazioni arcobaleno e con finte ricerche scientifiche. Il vero rischio è visibile a occhio nudo: continuare a premere sull’acceleratore anche quando di mezzo ci sono i bambini, nel pieno della costruzione della loro identità, quindi continuamente alle prese con dubbi e ripensamenti. In altri termini: basta con queste follie.

Massimo Balsamo, 1 ottobre 2024

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