Nel 2013 sono stato ospite di Francesco Battistini per una settimana tra Tel Aviv, Gerusalemme, Ramallah e Betlemme. Leggendo “Jerusalem suite” Neri Pozza editore, il suo ultimo libro, ho ritrovato tanti aneddoti, personaggi e luoghi vissuti in quei giorni, che nelle pagine del libro diventano vita reale.
Francesco ci guida nei 143 anni dell’American Colony, che sono solo gli ultimi dei 2356 che ci separano da Alessandro Magno che distrugge Gaza, dai Romani, i Bizantini, i Crociati, i Mamelucchi, gli Ottomani, i Britannici, gli Egiziani e buoni ultimi gli Israeliani, tutti fieramente impegnati nella stessa attività a Gaza e nell’antico regno di Giudea.
Nel libro l’azione si svolge intorno alle vicende della famiglia Spafford che dopo la perdita del patrimonio familiare a causa dell’incendio di Chicago del 1871 e di quattro figlie nell’affondamento di un piroscafo diretto in europa nel 1873 decidono, con le ultime due figlie, di trasferirsi nel 1881 a Gerusalemme fondando un ostello dedito all’assistenza e alla cura dei bisognosi, che nel 1896 diventerà l’American Colony e che ancora oggi, ormai elegante albergo a cinque stelle, è luogo di ritrovo e memoria per Gerusalemme.
Il libro attraversa le ventuno guerre, i trenta piani di pace, i ventidue accordi e le ottocento risoluzioni Onu che il Colony ha visto nei suoi 143 anni di solitudine, simile ad una Macondo mediorientale, per il circolare riproporsi degli eventi apparentemente senza alcuna soluzione.
Anna Spafford, sua figlia Bertha e suo nipote Horatio assumono, nelle parole dell’autore, il ruolo di narratori della tragedia di due popoli. Perché le buone parole, le preghiere e le migliori intenzioni, nulla possono contro un fato drammatico che non dà scampo alle vite dei singoli, trascinandole nella storia attraverso la tragedia.
Nel facile scorrere delle pagine si miscelano sapientemente storia, racconti e una moltitudine di personaggi, con un ritmo vivace di scrittura che intervalla passato e presente, lasciando al lettore l’impressione di un eterno ritorno, nel ripetersi di azioni e reazioni, accordi, rappresaglie e vendette, prive di senso, termine e significato.
Riviviamo sparatorie e stragi, l’eco della prima guerra mondiale con la caduta dell’impero Ottomano e la conseguente occupazione Britannica, il sionismo, la seconda guerra mondiale, le innumerevoli guerre arabo israeliane e… il 7 ottobre.
Perché il 7 ottobre 2023 è la frattura che forse ha spinto Battistini a completare il libro al quale credo riflettesse da tempo.
Perché il 7 ottobre sembra la tempesta destinata a spazzare via questa antica Macondo mediorientale dove il tempo sembrava fermo in un continuo ritorno.
Perché qualcuno ha erroneamente creduto che dopo il 7 ottobre Israele, colpito e stuprato, sarebbe stato divorato da una pioggia di missili e dilaniato dal destino di centinaia di ostaggi nelle mani di Hamas, mentre il suo sistema istituzionale sarebbe collassato per l’incapacità di prevedere la spaventosa mattanza subita.
Le pagine dedicate al 7 ottobre, non a caso all’inizio del libro, sono di grande impatto emotivo e terminano con la verità indicibile di Jeremy, il manager del Colony: “Io riesco a vedere un solo lato: la sofferenza degli ebrei. La sofferenza dei palestinesi, non la vedo. Non riesco a vederla. Non mi interessa. Dico questa cosa tremenda sapendo che è sbagliata….”.
Queste parole sono il segno del fallimento di tutto quello che viene raccontato nel resto del libro, ma sono le parole che ci fanno comprendere perché Israele non sia stato spazzato via dalla tempesta del 7 ottobre e perché in quel giorno si sia compiuto il destino di Benjamin Netanyahu terribilmente diverso da quello del fratello Yoni.
Yoni l’eroe di Entebbe, morto a 30 anni per liberare gli ostaggi di un dirottamento, perché “muore giovane chi è caro agli Dei”, Bibi, il più longevo dei Primi ministri, indurito dalla vita e inseguito dai processi. Bibi che non sarà mai un eroe. Bibi disprezzato da Obama e appena sopportato da Biden. Bibi l’uomo che permetterà a Israele di sopravvivere ed ai Palestinesi di avere un futuro diverso dalla miseria e dalla guerra imposte da Hamas ed Hezbollah, grazie alla sua determinazione che ritroviamo ancora nelle parole di Jeremy: “Perché la guerra purtroppo e questa: al fronte, adesso, ci sono i miei figli. Non i figli degli altri. E io devo sostenerli ad ogni costo. Senza guardare con distacco. Devo essere lì per loro, con loro. Non voglio implorarli di non sparare a un altro, cazzo! Non faccio come avrei fatto in qualsiasi altro momento della vita. No, vaffanculo! Spara a quante persone vuoi ragazzo! Spara, ammazzali e torna a casa! Devi solo preoccuparti di te stesso!”.
Avrò letto mille articoli dal 7 ottobre ad oggi, ma le parole di Jeremy che Battistini ha riportato senza alcun commento, hanno spezzato quella sensazione di eterno ritorno, tra Onu, trattati, guerre mai concluse, appelli e politicanti, perché ho capito che il destino di Israele e dei Palestinesi, è nelle mani di un popolo che non smetterà mai di combattere per il suo diritto di esistere e la sua libertà.
Per tutto questo, “Jerusalem Suite” è uno strumento prezioso per coltivare il dubbio e confrontarsi con la storia e le opinioni, ma oltre ogni considerazione è un libro bello da leggere.
Antonio De Filippi, 8 gennaio 2025
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