La Russia cerca di contrastare il tentativo dei paesi occidentali di isolarla ulteriormente alle Nazioni Unite dove, in questi giorni, l’Assemblea generale e il Consiglio di Sicurezza discutono su come far fronte alla crisi umanitaria in Ucraina. Trova degli alleati nei paesi dell’Africa, quasi metà dei quali, 26 su 54, non hanno votato il 2 marzo la risoluzione presentata alla sessione speciale di emergenza che chiedeva a Putin di ritirare le sue forze militari dall’Ucraina “immediatamente, totalmente e incondizionatamente”.
La solidarietà dell’Africa a Putin
Nei giorni successivi le posizioni degli governi africani si sono ulteriormente definite. Il presidente della Repubblica Centrafricana Faustin-Archange Touadéra che conserva la carica, nel paese da dieci anni in guerra e in gran parte in mano a gruppi armati, anche grazie alla presenza dei mercenari russi del gruppo Wagner, ha autorizzato una manifestazione di solidarietà con la Russia nella capitale Bangui e ha ribadito il sostegno alla decisione di Vladimir Putin di riconoscere come stati indipendenti le regioni ucraine del Donetsk e del Lugansk. Sembra che dei soldati centrafricani chiedano di andare a combattere a fianco dei “fratelli russi”. In segno di solidarietà dal 3 marzo l’Uganda, dopo aver dichiarato il proprio sostegno a Mosca per bocca del generale Muhoozi Kainerugaba, il potente figlio del presidente Yoweri Museveni, ha deciso di trasmettere i programmi del canale di stato russo “Russia Today”, censurato da numerose televisioni nel mondo.
“La guerra? Colpa della Nato”
Anche il Sudafrica, che è la seconda potenza economica dell’Africa sub sahariana e, insieme a Russia, Brasile, India e Cina costituisce il gruppo dei Brics, i paesi emergenti, ha preso apertamente le parti della Russia. Il presidente Cyril Ramaphosa il 17 marzo ha accusato la Nato di aver scatenato la guerra in Ucraina. Pur non approvando l’uso della forza, “la guerra sarebbe stata evitata – ha dichiarato – se la Nato avesse ascoltato i suoi stessi leader e militari che nel corso degli anni hanno avvertito che una espansione verso est avrebbe accresciuto, non ridotto, l’instabilità nella regione”. Il suo predecessore, Jacob Zuma, tuttora tra i leader del partito di governo, l’Anc, si è spinto oltre. La sua fondazione ha diffuso un comunicato in cui si definisce “giustificabile” la decisione di Putin.
Poi il 22 marzo il presidente Ramaphosa, prestandosi a creare una situazione delicata e forse critica in sede Onu, ha presentato il testo di una risoluzione da discutere in Assemblea generale in alternativa a quella già depositata nei giorni precedenti dall’Ucraina e dai suoi alleati. Entrambe le risoluzioni chiedono che sia consentito agli aiuti, al personale sanitario e agli operatori umanitari di entrare in Ucraina e che sia garantita protezione ai civili. Ma la prima risoluzione attribuisce alla Russia la responsabilità di aver provocato la crisi. Il Segretario generale dell’Onu Antonio Guterres ha parlato di “guerra assurda”, in riposta a Putin che usa l’espressione “operazione militare speciale”, e ha dichiarato che “continuare la guerra in Ucraina è moralmente inaccettabile, politicamente indifendibile e militarmente insensato”.
La risoluzione che fa discutere
Invece la risoluzione del Sudafrica non menziona la Russia e il suo ruolo. Alle obiezioni che sono state sollevate, il governo sudafricano ha risposto: “L’obiettivo cruciale è trovare consenso sulle questioni umanitarie. Spostare l’attenzione su altre questioni porterebbe a divisioni e al fallimento di un accordo su come operare”. Sono in corso incontri e discussioni con il Sudafrica per cercare di arrivare a un unico testo condivisibile per evitare di mettere in votazione due risoluzioni. La speranza, prima che il Sudafrica presentasse la propria, era che a votare il testo proposto dall’Ucraina e dai suoi alleati fossero più dei 141 stati che hanno votato la risoluzione del 2 marzo. Adesso, se entrambe le risoluzioni andranno in discussione e al voto, “la speranza è raggiungere comunque lo stesso numero di voti” ha spiegato l’ambasciatore Usa all’Onu Linda Thomas-Greenfield.
Il vice ambasciatore sudafricano all’Onu Xolisa Mfundiso Mabhongo ha dichiarato che l’idea del suo governo di proporre un proprio testo di risoluzione “non è stata ispirata dalla Russia, si tratta di una iniziativa del tutto sudafricana”. Ma il testo per l’Assemblea generale è simile a quello che la Russia ha presentato la scorsa settimana al Consiglio di Sicurezza. Secondo l’ambasciatore russo all’Onu Dmitry Polyanskiy quel testo mirava ad aiutare le attività delle associazioni umanitarie senza alcuna politicizzazione. Sta di fatto che si è deciso di non metterlo al voto ritenendo che la maggior parte dei membri del Consiglio si sarebbero astenuti dal momento che non conteneva accenni al ruolo della Russia nella crisi. Una agenzia di stampa Reuters riporta il commento dell’ambasciatore Thomas-Greenfield: “È del tutto irragionevole che la Russia pensi di poter proporre una risoluzione umanitaria. È come se un piromane chiedesse ai vicini di aiutarlo a spegnere l’incendio che lui ha provocato”.
“L’incendio” intanto, dopo quasi un mese di combattimenti, ha assunto proporzioni insostenibili. Secondo l’Alto Commissariato Onu per i rifugiati i profughi sono ormai circa dieci milioni: 3,6 milioni fuggiti nei paesi vicini e 6,5 milioni sfollati. Come sempre in caso di conflitto, la maggior parte dei civili non può e soprattutto non vuole allontanarsi da casa se non quanto basta per mettersi al sicuro.
Anna Bono, 24 marzo 2022