Oggi il Parlamento italiano in seduta comune si collegherà in videoconferenza con il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, confermando la vicinanza al popolo aggredito dalle forze militari russe. I distinguo a cui assistiamo si generano con l’alibi della “complessità” geopolitica del pre-conflitto. Per dichiararsi equidistanti ci si invola nei cieli dell’astrazione al fine di mimetizzarsi nella teoria della complessità, evocando molteplici fattori interagenti e provocanti il teatro di guerra, che esclude l’assunzione di una posizione netta.
Non si può essere neutrali
Eppure non dovrebbe costituire uno sforzo rilevante il riconoscimento della dinamica bellica con l’offensiva, concepita e realizzata da Putin, a cui si contrappone il movimento difensivo, declinato nella resistenza delle truppe di Zelensky. A quale complessità ci si possa appellare, considerando lo schema aggressivo applicato dal Cremlino, rimane un rebus insolubile. Di solito si invoca la semplificazione per districare le astrusità concettuali, mentre nel caso dei predicatori della neutralità ci si ripara dietro l’artificio della complessità senza, tuttavia, decomporla nei suoi agenti esplicativi.
E se Putin occupasse l’Italia?
“La situazione è complessa” è l’espressione usata come contraccettivo del pensiero per preservare la sterilità dialettica. Ai neutralisti, che si schermiscono nella tesi di comodo della complessità, occorrerebbe domandare come giudicherebbero i renitenti alla condanna di Putin se lo stesso violasse la loro sovranità territoriale e pregiudicasse la loro incolumità con il cannoneggiare indiscriminato. Il giudizio non sarebbe di certo lusinghiero soprattutto in seguito alle dichiarazioni del procuratore capo della Corte penale internazionale dell’Aia, Karim Khan, che riconduce le azioni di Putin nell’alveo dei crimini di guerra. E allora non si può che salutare con fervido sentimento di solidarietà l’intervento del leader ucraino alle Camere riunite affinché si ribadisca, senza oscillanti distinzioni, il supporto morale e materiale alla resistenza di Kiev.
In questo senso non va ignorata la reazione compatta dell’Europa nello schierarsi contro l’invasione di Putin dell’Ucraina. L’aggressione russa ha provocato una coesione inaspettata, tanto che è tornato in auge il progetto della difesa comune europea che fu archiviato, precocemente, nel 1954 per la contrarietà della Francia. Così come sul tema energetico le forze europee convergono sulla necessità di dotarsi di un’autosufficienza strategica, affrancandosi dall’approvvigionamento di gas dall’Est. Ormai è dimostrato che gli accordi commerciali con Mosca non servono a limare gli artigli dell’orso russo e a differirne il letargo espansionista.
Il discorso di Zelensky
È probabile che Zelensky venga accolto dalla standing ovation del Parlamento italiano, reiterando il consenso registrato nell’assemblea parlamentare inglese, tedesca e statunitense, illustrando plasticamente l’atto dello stare in piedi in acclamazione dei valori democratici, senza piegare le ginocchia in senso di resa verso un nemico che anela alla debolezza dell’Occidente da cui ricaverebbe l’input per legittimare il dilagare della sua volontà di potenza. Un esito che non possiamo permetterci se vogliano continuare a professarci liberi e per non ridurre la democrazia in un avatar con cui interagire solo nella dimensione virtuale.
Andrea Amata, 22 marzo 2022