Nuova bomba sganciata dal Washington Post: gli aiuti militari dell’alleanza atlantica potrebbero finire nelle mani sbagliate. Il quotidiano ha evidenziato le grandi difficoltà che l’esercito americano starebbe avendo nel monitorare e localizzare le armi inviate, una volta giunte in territorio ucraino.
Il giornalista statunitense, John Hudson, ha definito l’Est Europa come “il principale hub del traffico di armi”. Il rischio che le risorse possano finire sul mercato nero, oppure in mano ai russi, rappresenta un rischio concreto, accentuato dalla mancata presenza delle truppe USA su suolo ucraino.
I pericoli del contrabbando di armi non sono nuovi nel conflitto tra Kiev e Mosca. Poche settimane fa, la stazione ferroviaria di Kramatorsk fu oggetto di un pesante attacco missilistico, provocando la morte di una sessantina di civili. La causa in questione trattava proprio il missile balistico a corto raggio, denominato “Tochka-U”, utilizzato sia dai russi che dagli ucraini. Ancora oggi, la strage è avvolta nel mistero. Rimangono solo gli opposti schieramenti che, a distanza di quasi due mesi dall’accaduto, continuano a scambiarsi reciprocamente responsabilità e colpe, senza che nessuno sia ancora riuscito a stabilire la provenienza del missile.
Fino ad oggi, l’Italia appare al quarto posto nel ranking del “Kiel Institute for the World Economy” per gli aiuti inviati all’Ucraina. La somma ammonta a circa 260 milioni di euro, di cui 150 solamente di armi. Per quanto riguarda gli USA, invece, le risorse dirette a Kiev hanno già superato la cifra complessiva di 2,5 miliardi di dollari. Il Presidente Joe Biden ha specificato che gli aiuti non si fermeranno fino a quando le atrocità non giungeranno al termine.
Insomma, il numero di mezzi militari continua a farsi cospicuo, aumenta sempre di più e pare non trovare un tetto massimo. Lo stesso Zelensky sprona l’Occidente ad ulteriori e massici invii.
L’afflusso illegale di armi, come riportato anche dal progetto di ricerca svizzero Small Arms Survey, è aumentato a dismisura proprio dall’inizio della guerra in Donbass nel 2014. I numerosi saccheggi di depositi militari, da parte dell’esercito russo, rischiano di trasformare gli aiuti occidentali da salvezza a tragedia per Kiev. Con l’aumento progressivo dell’invasione, ecco che l’Armata potrà contare su un numero sempre più considerevole di munizioni e mezzi militari, anche di ultima generazione, se si tratta di quelli provenienti dai Paesi atlantici, aggiungendosi alle evidenti superiorità belliche, sia in termini numerici che tecnologici, delle truppe di Putin.
Anche un progetto di ricerca svizzero, Small Arms Survey, ha affermato come “una parte dei 7,1 milioni di piccole armi a disposizione dell’esercito ucraino nel 1992 è stata dirottata verso aree di conflitto, con il rischio di fuoriuscite nel mercato nero locale”. L’aggiunta di ulteriori armi, senza misure di mitigazione del rischio o di monitoraggio, potrebbe quindi agire come arma a doppio taglio, con conseguenze devastanti e non volute.
Con ciò si vuole sminuire l’aiuto che l’Occidente deve portare alla causa ucraina? Assolutamente no. Il monito, però, deve essere quello di procedere immediatamente ad un radicale sviluppo dei sistemi di localizzazione delle armi, senza inviarle “a casaccio”, così come la storia ha dimostrato in altri conflitti.
L’Afghanistan è la principale rappresentazione concreta di quello che potrebbe accadere in Ucraina, Anzi, in quest’ultimo scenario, pare esserci un elemento di ulteriore preoccupazione: se la guerra contro i Talebani era combattuta direttamente dalla truppe americane, mettendo in gioco capacità, mezzi e conoscenze statunitensi; a Kiev, il destino è solo nelle mani del già sofferente esercito ucraino.
Non è escluso che l’Occidente possa continuare ad essere fonte di salvezza. Vedremo, però, quale sarà lo schieramento che ne trarrà i maggiori vantaggi. La certezza non può ricadere ciecamente su Kiev…
Matteo Milanesi, 17 maggio 2022