Non aveva ancora finito di rotolare per strada la testa del povero Samuel Paty, il prof parigino decapitato per aver mostrato ai suoi alunni le vignette su Maometto di Charlie Hebdo, che già sulla notizia planava un sudario di assordante silenzio con retrogusto mainstream. Facile immaginare il perché.
Estremismo islamista nelle scuole
L’atto criminale compiuto dal tagliagole diciottenne ceceno di religione islamica, ancorché felicemente infraciosato nella République della fraternitè e della laïcité, va ricompreso in un fenomeno il cui riconoscimento creerebbe imbarazzo negli irriducibili araldi della société multiethnique: lo strisciante estremismo islamista che da tempo investe le scuole francesi. È dai primi anni Ottanta che insegnanti, presidi, familiari e alunni manifestano la loro preoccupazione per il dilagare dell’islamizzazione tra i banchi transalpini. Allarmi sistematicamente ignorati dalla politica, un po’ per quieto vivere e l’altro po’ perché i voti dei migranti di prima, seconda o terza generazione tanto schifo non fanno.
Per dirne una. Nel 2004 Jean Pierre Obin, allora ispettore generale della Educazione nazionale, in un suo rapporto su segni e manifestazioni dell’appartenenza religiosa negli istituti scolastici, snocciolava dati da brivido sulla strisciante e crescente fanatizzazione dei giovani islamici residenti nell’Ottagono. Nessuno se lo filò. Come fu bellamente ignorato un altro suo lavoro, un libro dal titolo eloquente: Come si è lasciato penetrare l’islamismo nella scuola.
Non è tutto. Nel 2017 Bernard Ravet, ex preside di tre scuole di Marsiglia, con il suo libro Preside delle medie o imam della Repubblica? (Kero Editore) parlando della sua esperienza, elencava casi di personale addetto alla sorveglianza degli allievi “intento a fare proselitismo”, di “studenti predicatori” e di “genitori sessisti”. Nel suo volume il dirigente concludeva affermando che “da oltre dieci anni, il fanatismo bussa alla porta di decine di istituti scolastici”. Manco a dirlo, anche la voce di Ravet urlò a lungo nel deserto.
Prove tecniche di replacement
Risultato? La crescita nell’ultimo trentennio del numero degli studenti islamici che, cogliendo fior da fiore: si rifiutano di assistere alle lezioni di storia in cui si parla di Shoah o della teoria darwiniana dell’evoluzione della specie; evitano di dare la mano alla propria maestra perché donna e questo accade nelle classi di scuola materna ed elementare; pretendono, a mensa, cibi halal e la rigorosa divisione di maschi e femmine durante le attività sportive. Fino alla comica pretesa di evitare la lettura in classe della favola dei “Tre porcellini” (facile immaginare il perché) o alla scelta di non mandare i propri pargoli in gita nel caso il programma della scampagnata preveda la visita in chiese o musei dove sono esposti quadri di donne dipinte come mamma le ha fatte. Prove tecniche di remplacement.
Alberto Fraja, 21 ottobre 2020