L’ambasciatore russo: “Ecco i 5 punti di Putin per la pace in Ucraina”

Per capire come va il mondo, e dunque anche la guerra in Ucraina, è sempre utile ascoltare tutti e poi farsi un’idea. Intervista al diplomatico Alexey Paramonov

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Sul tragico conflitto in Ucraina ho sempre pensato che, se si vuole la pace – se veramente si vuole la pace – bisogna ascoltare, e senza pregiudizi, le ragioni dell’altra parte. Vogliamo allora ascoltare l’altra campana: Alexey Paramonov, l’Ambasciatore di Mosca in Italia.

Ambasciatore Paramonov, le autorità russe hanno mai tentato di evitare che in Ucraina scoppiasse il conflitto?
«Non è la Russia ad aver dato origine all’attuale situazione in Ucraina. È, essa, la conseguenza di politiche aggressive che l’Occidente mette in atto già da molti anni, con l’obiettivo di trasformare l’Ucraina in una sorta di strumento militare contro la Russia. Il conflitto entrava nella sua fase acuta nel 2014, quando un colpo di Stato consumatosi a Kiev con l’appoggio dell’Occidente conduceva al potere gli eredi dell’ideologia dei collaborazionisti hitleriani Bandera e Shukevich, ossia i nazionalisti radicali, che diedero ordine alle forze armate di mettere in atto una repressione ai danni degli abitanti di Donetsk e Lugansk che disapprovavano quel colpo di Stato e i suoi mandanti.

Da allora la Russia ha fatto di tutto per porre fine a quello spargimento di sangue, proteggere gli abitanti del Donbass e risolvere in tutti i suoi aspetti quella crisi. E lo ha fatto con metodi politici, che avrebbero condotto all’attuazione del pacchetto di misure di Minsk, concordato nel “Formato Normandia”, adottato nel 2015 ed entrato a far parte del diritto internazionale dopo essere stato approvato, con la Risoluzione 2202 del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, il 17 febbraio 2015. La Russia è stata l’unico Paese a battersi fino all’ultimo perché gli Accordi di Minsk venissero implementati. Si è battuta per questo fino alla fine del 2021, quando era ormai chiaro che sia il regime di Kiev che i suoi garanti Occidentali, rappresentati da Francia e Germania, in accordo con gli USA, avevano sfruttato in maniera sleale tali accordi, esclusivamente per guadagnare tempo e preparare Kiev a dare un colpo di grazia al Donbass russofono. Ed è proprio il porre fine al conflitto in Donbass, ma adesso per vie militari, l’obiettivo perseguito anche dall’Operazione Militare Speciale, del febbraio 2022 e che, in sostanza, è un’operazione di ripristino forzato della pace. L’operazione è stata una risposta alle richieste di aiuto che le Repubbliche popolari di Donetsk e di Lugansk hanno rivolto alla Russia dopo aver proclamato la propria indipendenza, e si svolge in piena conformità con l’Articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, che sancisce il diritto alla legittima difesa».

Che impatto hanno avuto le sanzioni contro la Russia?
«Le sanzioni abbattutesi sulla Russia nel corso degli ultimi due anni, senza dubbio, hanno avuto un certo impatto negativo per la Russia. Tuttavia, al tempo stesso, la nuova situazione venutasi a creare sul piano geo-economico ha agito come una sorta di potente iniezione di adrenalina nell’economia russa, e le ha permesso di raggiungere risultati davvero notevoli in tempi molto brevi, ad esempio dal punto di vista di una sovranità economica e tecnologica mai viste prima. Tutto questo ha fatto sì che, a seguito di un periodo segnato da una certa scossa, il Paese tornasse a crescere. Nel 2023, il PIL nazionale è cresciuto del 2.6%, mentre nel primo trimestre dell’anno in corso è già cresciuto del 5.1%.

D’altra parte, guardi come stanno adesso le cose per i nostri ex partner. Le economie di molti Paesi occidentali sono stagnanti. Molti degli indicatori economici di base si sono abbassati ulteriormente. Per esempio, si calcola che dal momento dell’introduzione delle sanzioni contro la Russia, l’Unione Europea abbia pagato quasi 200 miliardi di euro in eccesso per l’acquisto di gas naturale. I danni che i vertici dell’UE hanno voluto arrecare ai produttori russi di fertilizzanti e di prodotti agricoli sono tornati indietro come boomerang, rivoltandosi loro contro sotto forma di aumenti dei prezzi per i prodotti alimentari. E tutto questo, naturalmente, ha avuto ripercussioni sul benessere dei comuni cittadini. Mentre, al contrario, gli USA hanno guadagnato ulteriori 53 miliardi di euro fornendo il loro gas, che è più costoso».

Come valuta i risultati del vertice sull’Ucraina svoltosi in Svizzera?
«Il cosiddetto “Vertice di Pace” non ha proprio niente a che vedere con la pace. Esso ha messo in evidenza per l’ennesima volta che il regime di Kiev e i suoi curatori non hanno intenzione di intraprendere una risoluzione pacifica del conflitto. E anche il loro tentativo di ampliare il fronte del consenso antirusso è stato un fallimento. E d’altronde, non sarebbe potuto essere altrimenti: la maggior parte dei Paesi del mondo non si è lasciata trascinare dai promotori del Vertice, riconoscendo quanto insignificante e priva di sbocchi reali sia la “formula di Zelensky”, pure nella sua forma ridotta. La dichiarazione finale del vertice ha ricevuto l’approvazione di soli 77 Paesi. Dunque, vediamo come si stia rafforzando la consapevolezza del fatto che una via praticabile verso la risoluzione duratura della crisi in questo momento si trova esclusivamente nell’iniziativa di pace del Presidente Putin, articolata il 14 giugno scorso durante il suo intervento di fronte ai vertici del Ministero degli Affari Esteri russo. Tale proposta andrebbe presa in seria considerazione».

Ma mi risulta che la proposta di pace avanzata dal Presidente Vladimir Putin è già stata respinta da tutti…
«La proposta di pace del Presidente Vladimir Putin è stata presa in seria considerazione da diversi Paesi in Eurasia, in America Latina e in Africa. In particolare, ci tengo a far notare che oggi, come già nel 2015, una volta siglato il pacchetto di misure di Minsk, e come già nel dicembre 2021, quando Mosca proponeva agli USA e alla NATO di trovare una soluzione alle problematiche legate alla sicurezza della regione euro-atlantica, e come del resto già tra il marzo e l’aprile del 2022, quando praticamente si era riusciti a concordare una bozza dei trattati di pace con l’Ucraina, ebbene anche oggi, come allora, abbiamo una reale opportunità di fermare l’escalation e di giungere alla pace. Il rifiuto di condurre negoziati con Mosca non farà che aggravare una situazione che è destinata soltanto a peggiorare per Kiev».

Vogliamo rammentare i punti-chiave della proposta del Presidente Putin?
«I punti-chiave sono: il ritiro delle formazioni militari ucraine dalle Repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk e dalle regioni di Zaporozhye e Kherson, lo status di Paese neutrale, non allineato e denuclearizzato dell’Ucraina, demilitarizzazione e denazificazione del Paese, la piena garanzia del rispetto dei diritti, delle libertà e degli interessi dei cittadini russofoni residenti in Ucraina e il riconoscimento delle nuove realtà territoriali».

E gli abitanti di queste regioni? In Occidente siamo convinti dell’illegittimità dei referendum svoltisi in Ucraina.
«Gli abitanti di queste regioni, che nella maggioranza dei casi sono russofoni, hanno provato sulla loro pelle tutte le meraviglie della politica messa in atto dal nuovo regime nazionalista, che ha dichiarato guerra a tutto ciò che è russo: alla lingua, alla religione, alla cultura. Nel 2019, le autorità ucraine hanno vietato per legge l’utilizzo della lingua russa nella vita pubblica del Paese. Ai fini di quella che, a detta del regime di Kiev, sarebbe una lotta alla disinformazione, è stato predisposto un sistema per tenere sotto controllo l’ingresso nel Paese di libri provenienti dalla Russia. Le opere di letteratura considerate scomode dal regime sono state eliminate. Suscitano orrore anche gli atti persecutori ai danni delle persone di fede ortodossa.

Tuttavia, per quanto tragica sia la situazione legata alla crisi ucraina, e soprattutto proprio per i popoli fratelli di Russia e Ucraina, le relazioni internazionali non si esauriscono certo a questo. La Russia, in quanto potenza mondiale consapevole delle proprie responsabilità, non si tira indietro dal ruolo di primo piano che riveste nelle questioni globali. Al contrario, in un contesto che vede l’aggravarsi della situazione sul piano internazionale, la Russia guarda al futuro e propone le sue soluzioni per le problematiche più urgenti, in primo luogo per quelle riguardanti l’ambito della sicurezza. Ed è proprio in questa chiave che occorre considerare l’iniziativa da poco avanzata dal Presidente della Federazione Russa riguardante la creazione di un’architettura di sicurezza continentale che operi per l’intero territorio euroasiatico».

Questo significa che la Russia sta spostando l’attenzione sull’Asia? State dicendo addio all’Europa?
«L’iniziativa del Presidente Putin non ha precedenti dal punto di vista della sua natura, in quanto è l’unica a proporre un’integrazione tra le varie dinamiche regionali. Essa è resa necessaria dal collasso del modello di sicurezza preesistente, e dall’enorme vuoto di sicurezza venutosi a creare nello spazio euro-atlantico come conseguenza delle condotte irresponsabili messe in atto dall’Occidente. La Russia ha proposto di fare di tale architettura per la sicurezza in Eurasia un sistema aperto a tutti i Paesi eurasiatici interessati, che non sia inteso come elemento di minaccia per gli interessi di nessun Paese. Tale modello si basa sul principio «soluzioni regionali per problematiche regionali» applicato alla regione eurasiatica e riflette l’attuale tendenza oggettiva legata al processo di regionalizzazione delle relazioni internazionali; tendenza che, di per sé, costituisce una sorta di assicurazione contro i tumulti geopolitici indotti dalla crisi del processo di globalizzazione per come è stato concepito dall’Occidente. Lo scopo di tale iniziativa, in primo luogo, è quello di dare vita a uno spazio euroasiatico che sia libero da conflitti e aperto alla cooperazione, ma anche quello di liberare i processi in corso in Eurasia dall’impatto destabilizzante che gli attori esterni alla regione hanno su di essi».

Franco Battaglia, 27 giugno 2024

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