L’ambientalismo è diventato una religione

Un libro racconta l’altra faccia dell’ecologia, quella degenerata in una nuova religione laica nichilista e terrorizzante

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Il dio verde. Ecolatria e ossessioni apocalittiche di Giulio Meotti, pubblicato da Liberilibri, racconta l’altra faccia dell’ecologia, quella degenerata in ecologismo come nuova religione laica. Una nuova religione che, col suo sistema di dogmi, di peccati e redenzioni richiama di continuo alla contrizione e alla purificazione, ovvero alla povertà, alla frugalità: siamo tutti peccatori energetici, noi occidentali, redimibili solo se disposti a votarci alla sostenibilità. Una religione corredata senz’altro di toni apocalittici e di Greta Thunberg, un nuovo messia bambino; una setta che addita l’infedele e incita ad odiarlo, più di quanto professi la fede al suo dio green. È un surrogato ambientalista e mortifero del cristianesimo, per giunta contraddittorio: tutte le forme di vita vanno protette, ma alcune, quelle macchiate dal peccato del benessere, meno delle altre. Cosa ne è stato dell’autentica ecologia liberale e cristiana, culla di equilibrio e conservazione, di sincera cura? Perché l’ecologia, una cosa seria, si è rovesciata nel grottesco greenismo?

La già sottile linea tra la legittima preoccupazione e un ridicolo catastrofismo, risponde Meotti, è stata del tutto soppressa a colpi di sconfinamenti tematici, dalla convergenza di lotte di gruppi eterogenei ma accomunati tutti dall’ostilità nei confronti del medesimo nemico: l’Occidente liberale e capitalista. Riconoscendo nel “maschio bianco occidentale” il solo responsabile del cambiamento climatico, la religione ecologista ha occupato il posto vacante del comunismo: la natura, il biologico, il sostenibile hanno sostituito il concetto di classe qualificandosi tra i criteri di valutazione e di scelta tra ciò che è bene e ciò che è male. Un nuovo oppio dei popoli, dunque, una recente appendice del nuovo puritanesimo già Lgbt e antioccidentale, di cui ha assunto i toni accusatori e con il quale ha mescolato le proprie istanze.

Ma della stravaganza di strani connubi (uno tra tutti: l’ecofemminismo), ci si potrebbe limitare a sghignazzare, se al netto della follia le conseguenze fossero di poco conto. Il dio verde (che è quanto di più lontano da un’arringa solitaria) dialogando con inchieste, autori e contenuti di respiro internazionale, palesa allora il reale portato catastrofico delle narrazioni ecologiste, che non è affatto la fine del mondo, bensì da un lato la disinformazione, la percezione distorta dei dati e tuttavia l’immediata e ingenua adesione ad essi, in preda ad un’emotività infantile e infelice; dall’altro gli effetti del terrorismo ecologico, quali i movimenti per l’estinzione dell’umanità, politiche di sterilizzazione forzata, pianificazione e sciopero delle nascite, fino a giungere perfino all’apprezzamento di sciagure come la recente pandemia, purché servano d’aiuto a limitare l’azione dell’uomo sulla Terra.

Ma una fede che recide e ripudia il legame della Terra con l’uomo, dimenticando che in esso sta il senso stesso della conservazione della natura, non è ecologia: è nichilismo. Il dio di Nietzsche è resuscitato: è verde, odia gli uomini e la storia. È un dio che vende bene, galoppa su una psicosi dilagante e si nutre di ipocrisie e contraddizioni. È un dio di una società che, completamente avulsa dalla realtà, chiusa nella sua bolla ecosostenibile e ipnotizzata da un fastidioso bla bla bla, auspica la sua stessa distruzione.

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