Politica

Landini, agnello con gli Agnelli: le strane coincidenze del leader Cgil

Il leader della Cgil e le invettive contro il governo: leone con Giorgia Meloni, deboluccio con Stellantis ed Elkann. Come mai?

Leone contro l’esecutivo, agnello al cospetto degli Elkann. È questo il doppio volto del compagno Maurizio Landini, sempre pronto a sparare a zero su Giorgia Meloni e sul suo governo, e al contempo del tutto incapace di proferire parola sulla crisi che attanaglia il settore automotive e sulle politiche aziendali del gruppo Stellantis.

Succede così che il segretario del sindacato più rosso che ci sia, proclami in pompa magna uno sciopero generale in segno di protesta contro il testo della Legge di Bilancio ancor prima di poter avere la possibilità di avere un confronto con l’esecutivo, lanciando peraltro delle scroscianti invettive all’indirizzo dei leader di centrodestra, e poi, appena un attimo dopo, non riesca neppure a pronunciare il nome di John Elkann o la parola tabù ‘Stellantis’.

Curioso, no?

Eppure, non si può certo affermare che negli anni il gruppo che fu della famiglia Agnelli si sia comportato in maniera esemplare con quei lavoratori che il sindacato dovrebbe rappresentare e magari anche tutelare. Come giustamente fa notare Carlo Calenda (con cui, almeno per una volta, ci tocca essere d’accordo) dai suoi profili social, Landini potrebbe parlare, per esempio, delle tante promesse non mantenute nel corso degli anni da John Elkann, delle produzioni delocalizzate in paesi come la Serbia, il Marocco o la Polonia, o del fatto che appena pochi giorni fa l’erede di casa Agnelli abbia tranquillamente disertato un’audizione in Parlamento, ove era atteso dalla decima commissione per riferire sulla situazione dell’automotive in Italia.

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Di tutto questo (e di molto altro) l’impavido compagno Landini potrebbe (o meglio, dovrebbe) parlare, anche alzando la voce se necessario, e invece tace. Nulla. Silenzio assordante.

Chissà perché?

Sarà forse, come asserisce maliziosamente il già citato Calenda, che il presidente del gruppo Stellantis è anche editore di quel quotidiano (Repubblica) che il segretario della Cgil utilizza sempre più spesso come megafono per promuovere se stesso e le proprie iniziative? Il sospetto viene. Anche perché, Maurizio Landini non si limita semplicemente a bollare come ‘ingiusto e pericoloso’ il testo della manovra e ad etichettare come evasori i rappresentanti del governo, ma si spinge ben oltre, fino a chiedere che vengano ripristinati i fondi per l’auto elettrica che tanto comodo farebbero al gruppo di cui John Elkann è presidente.

Sarà anche questo un caso?

Chissà, ma le coincidenze iniziano a diventate tante. Forse troppe. In ogni caso, abbastanza per porsi due leciti interrogativi in merito all’operato del compagno Landini. Primo: per chi lo fa? A tutela dei diritti e della dignità dei lavoratori, oppure a salvaguardia degli interessi degli azionisti del gruppo Stellantis? Secondo: perché lo fa? Per onorare al meglio il delicato ruolo di segretario della Cgil, oppure per candidarsi a diventare quello del Partito democratico? Agli italiani le ardue sentenze.

Salvatore Di Bartolo, 5 novembre 2024

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