Camillo Langone contro Michela Murgia. O meglio contro il racconto che ne è stato fatto in questi giorni dopo la tragica morte della scrittrice a causa di un tumore. Da giorni, sia sui media “di area” che su quelli cattolici, è un fiorire di elogi alla “teologia” murgiana, ovvero il suo modo di vivere la fede da ex insegnante di religione poi passata a rappresentare il progressista mondo “queer”.
“La neoteologa è morta ma lotta insieme a loro – scrive Langone sul Giornale – vivo è il suo insegnamento, numerosi i suoi discepoli. Ho fatto bene nei giorni scorsi a definirla «eresiarca». Eretico, precisa la Treccani, è «chi, essendo membro della Chiesa cattolica, nega pertinacemente o anche soltanto mette in dubbio qualcuna delle verità rivelate o dei dogmi di fede»”. L’eresiaca per Langone è l’eretico “che ha avuto successo”, grazie ai libri e alla propria esposizione mediatica. È “il capo di un movimento ereticale” che nel momento in cui scrive un libro dal titolo “God save the queer. Catechismo femminista” si “autoesclude” dal cristianesimo. Perché “il femminismo è ideologia, irreligione, divisione, non si può essere femministe e cattoliche come non si può servire a Dio e a Mammona”.
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Langone nel suo articolo difende anche Costanza Miriano, scrittrice e giornalista cattolica, che ha criticato il funerale della Murgia – “un po’ beatificazione e molto comizio” – scrivendo che l’autrice “rappresentava i non valori dominanti, quindi tutto meno che coraggiosa, perché totalmente a favore di vento”.
“La neoteologa – conclude Langone – era quanto di più allineato. Per questo dirigeva riviste di moda, accatastava premi, conduceva programmi, concionava alla prima della Scala… Non era ribellione: era istituzione”. Tanto che “come tanti eretici modernisti prima di lei, voleva che la Chiesa si adeguasse al mondo. Insisteva a dirsi cattolica ma non ascoltava Gesù: «Voi siete il sale della terra; ma, se il sale diventa insipido, con che lo si salerà?» (Matteo 5,13). Era sale insipido, la povera Michela Murgia”.