di Salvatore Di Bartolo
L’8 gennaio 2022 si sarebbe dovuto celebrare il centenario della “Grande Frana”, un terribile dissesto idrogeologico che un secolo or sono mise in ginocchio la cittadina di San Fratello, piccolo centro montano del messinese noto, tra l’altro, per aver dato i natali a Benedetto Craxi, nonno dell’ex Presidente del Consiglio e segretario del Psi Bettino.
Per ricordare l’immane tragedia che dilaniò il comune messinese, l’Amministrazione Comunale aveva deciso di innalzare un monumento celebrativo e di fissare una cerimonia di commemorazione (da tenersi per l’appunto l’8 gennaio) alla quale avrebbe dovuto prendere parte, tra gli altri, anche il Presidente della Regione Siciliana Nello Musumeci. Cerimonia che, tuttavia, era stata poi rimandata a data da destinarsi a causa del propagarsi dei contagi da Covid-19 nel centro montano.
Nel monumento in questione erano stati affisse per l’occasione delle targhe, in cui erano state apposte delle immagini storiche raffiguranti alcuni degli eventi salienti di quel drammatico momento della storia di San Fratello. Tra queste, una foto che ritrae la visita dell’allora Capo del Governo italiano, Benito Mussolini, giunto nella cittadina messinese in seguito all’invito ricevuto dall’allora Ministro della Guerra, il Generale Antonino Di Giorgio, originario proprio di San Fratello. Accanto alla foto una didascalia, che recita: “Città di San Fratello Marzo 1924, il duce Benito Mussolini, accompagnato dal nostro concittadino Generale Antonino Di Giorgio, all’epoca Ministro della Guerra, in visita ufficiale nel nostro centro, per incontrare la popolazione colpita dalla “Grande Frana” dell’otto Gennaio del 1922 e affrontare i problemi legati alla ricostruzione.”
Fin qui tutto normale. Accade però che la foto in questione, una volta postata sui social, finisca col suscitare l’indignazione (reale o presunta) di alcuni utenti. L’immagine inizia a fare il giro della rete e, come in ogni occasione in cui si sfiori anche lontanamente lo spettro fascismo, impazza la polemica (in questo caso del tutto ingiustificata). Polemica che arriva a coinvolgere anche l’Anpi, tanto da indurre Giuseppe Martino, Presidente dell’Anpi provinciale di Messina ”Mimmo Trapani” a dichiarare all’Ansa: “In un clima nazionale percorso da intolleranza e razzismo, è stata collocata da parte del Comune, una targa commemorativa a San Fratello per ricordare il centenario di una grave frana (gennaio 1922) che colpì quel paese. La targa però più che rammentare la frana, le sue vittime e la devastazione del centro del messinese, celebra con molta più enfasi la visita del dittatore Benito Mussolini a San Fratello (paese di origine della famiglia di Bettino Craxi), avvenuta nel marzo 1924″.
La nota del Presidente dell’Anpi viene poi trasmessa al prefetto di Messina, al sindaco di San Fratello ed al procuratore di Patti, continuando così ad alimentare una polemica rivelatasi tuttavia alquanto sterile sin dal principio. Per concludere il teatrino inscenato all’insegna del politicamente corretto (e per non farsi mancare davvero nulla) arriva la richiesta (di un esponente politico) di immediata rimozione della targa, in quanto l’affissione è ritenuta inopportuna e penalmente perseguibile.
Dal canto suo, il primo cittadino di San Fratello, dott. Salvatore Sidoti Pinto, tiene a precisare che la targa in questione “è stata apposta nel monumento celebrativo l’8 gennaio scorso” (e non nelle ore immediatamente precedenti il giorno del ricordo delle vittime della Shoah come erroneamente divulgato al fine di conferire ancora maggior enfasi alla vicenda), e si limita a rievocare quel preciso momento storico che ritrae la visita di quello che era (che possa piacere o meno) l’allora Capo del Governo. “Io non voglio che ciò possa far nascere delle polemiche che non fanno parte della mia storia sociale, politica e culturale”, prosegue il sindaco, il cui percorso umano e politico (quarantennale), ad onor del vero, è (ed è sempre stato) lontano anni luce da qualsivoglia nostalgia del ventennio.
Un maldestro (ed ingiustificato) tentativo di censura, insomma, probabilmente orchestrato al fine esclusivo di strumentalizzare una vicenda che davvero nulla ha a che vedere con l’apologia al fascismo. La storia è storia, e (per quanto si possa essere tutti concordi nel prendere le dovute distanze dalla triste esperienza fascista) non può e non deve essere cancellata.