E forse ha ragione il sindaco Brugnaro a definirla l’Apocalisse. O almeno una scena che gli si avvicina: 21 morti, due bambini la cui vita è finita ancor prima di averla assaggiata a dovere, 15 feriti di cui cinque gravi a combattere, ancora e ancora, per restare aggrappati a questo mondo.
Se la guardi con gli occhi lucidi della cronaca può apparire l’ennesimo incidente d’auto, il classico colpo di sonno o forse un malore o ancora chissà cosa sarà successo a quell’autista, “bravo ed esperto”, dicono, che solo novanta minuti prima aveva preso il suo ultimo servizio. Ma quando ti accorgi che le persone coinvolte sono quaranta, peraltro tutti turisti alloggiati in un camping a Mestre, ti viene da pensare che è davvero una tragedia quando così tante vite vengono spezzate in quello che dovrebbe essere un periodo di gioia, relax, cultura. Vacanza di morte. Un volo di 15 metri, il bus che si incastra tra un magazzino e i binari della stazione di Mestre, il mezzo che va in fiamme, le lamiere come una prigione, il dolore.
Ci sarà il tempo, forse, per capire se la colpa sia da attribuire ad un malore, ad una manovra sbagliata, ai lavori su quel maledetto cavalcavia: nessun segno di frenata, solo “l’impressione visiva”, dice uno dei soccorritori, “che ci troviamo di fronte ad una tragedia di giovani, se non giovanissimi”, salvo qualche adulto. Ma poi restano le domande, quelle vere: quale può essere il disegno, se mai ce n’è uno divino, per questa strage? Sarebbe potuto cadere un autobus fuori servizio, vuoto, invece era stracolmo. E se è tutto regolato dal caso, perché c’è chi muore carbonizzato e chi sopravvive? Perché prendersela con un gruppo di turisti di fine stagione? E, soprattutto, perché coinvolgere proprio bambini, adolescenti, innocenti? Il problema, se ce n’è uno, è che ciò che nessuno potrà spiegare, né oggi né mai, è perché la grande gioia di una vacanza debba trasformarsi – all’improvviso – in un immane dramma.
Franco Lodige, 4 ottobre 2023