Cronaca

“Lascerà il segno”. Dal fondo del mare un segnale: il Bayesian cambierà la nautica?

La tragedia nelle acque siciliane rilancia interrogativi sui requisiti professionali diversi dalla marina mercantile

naufragio palermo nave Bayesian

Intervenire nel dibattito su un sinistro in mare che ha provocato la perdita di vite umane in mare equivale sempre a camminare su un campo minato. Se poi si tenta di farlo in un settore così elitario per molti aspetti autoreferente come quello della grande nautica e quindi del superlusso sul mare, i rischi di saltare in aria sono ancora maggiori.

Giustamente e naturalmente tutte le parti chiamate in causa, a partire dai comandanti per arrivare ai cantieri e alle società di management e senti di controllo, tendono a difendere la loro posizione in attesa di un’inchiesta che, nel caso del Bayesian si preannuncia a dir poco complessa e comunque, in ogni caso, legata al recupero del relitto adagiato su un fianco su un fondale di circa 50 metri.

Come detto, in questi giorni successivi la tragedia avvenuta nelle acque siciliane, l’attenzione degli osservatori ma anche degli addetti ai lavori si è concentrata essenzialmente su due visioni contrapposte: da un lato, quella che molti definiscono un’esasperazione nella ricerca del lusso anche in taluni casi a discapito delle condizioni di sicurezza che sono obbligatorie per navi mercantili o passeggeri che hanno dimensioni talora addirittura inferiori a quelle di un superyacht; visioni che tendono a sfociare in una forzata contrapposizione lusso-sicurezza; dall’altro, un percorso di carriera e requisiti professionali diversificati fra la Marina mercantile e la grande nautica da diporto con il rischio, certo non generalizzato di imbarcare su vere e proprie navi (il Bayesian era lungo 56 metri) personale non sempre in grado di affrontare situazioni di emergenza.

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Come dimostrato dall’intervento di un comandante di yacht ospitato in questo sito, proprio il tema della formazione sembra essere il più caldo: di certo per anni, se non per decenni, il mercato mondiale dello yachting ha esaltato la professionalità degli equipaggi e dei comandanti inglesi o anglosassoni cresciuti attraverso un percorso formativo estraneo, o parallelo, rispetto a quello navale della marina mercantile. Le competenze di inglesi, neozelandesi, australiani e anche americani sono state poi sublimate dalla loro expertise specifica nel settore della vela. E non casualmente il comandante dello yacht inabissatosi nelle acque siciliane, James Cutfield, vantava alle spalle una grande esperienza da skipper di barche a vela da regata.

Parallelamente, i comandanti italiani, costretti a un duro training di anni a bordo di unità mercantili, e quindi a un esame di Stato, hanno subito una progressiva emarginazione nel mercato; le loro competenze oggi, forse per la prima volta, potrebbero essere rivalutate rispetto al mondo anglosassone.

Ovviamente le generalizzazioni rappresentano in casi come questo quanto di più sbagliato potrebbe essere proposto; tuttavia le considerazioni valide per i comandanti si ripropongono anche per i componenti l’equipaggio della stragrande maggioranza dei grandi yacht; su imbarcazioni spesso registrate per lunghezze inferiori a quella effettiva (in virtù di escamotage sulle parti mobili dello scafo) le valutazioni formulate da più parti sui comandanti sembrano risultare ancor di più valide per i componenti gli equipaggi “arruolati” sulla base di quattro corsi basic di sicurezza, talora senza obbligo di patente nautica, e quindi raramente dotati di professionalità marittime che, anni addietro, anche la grande nautica ricercava nel grande “serbatoio” del settore mercantile.

Esistono eccezioni e contro eccezioni; probabile tuttavia (e le prime indicazioni anche dal mondo assicurativo convalidano questa impressione) che il caso del Bayesian lasci il segno nel campo dei requisiti di formazione spingendo anche le organizzazioni marittime internazionali a rivedere la normativa di riferimento, con l’effetto, forse per la prima volta, di rivalutare le competenze dei marinai e dei comandanti italiani rispetto alla “cultura dominante” di stampo anglosassone. È anche probabile che l’iter sempre più semplificato per l’ottenimento dei requisiti professionali sugli yacht (iter diventato arma di concorrenza fra registri anglosassoni) possa subire un ripensamento.

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