Lasciate che Giordano sia “fuori dal coro”

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Non discuto le opinioni di Vittorio Feltri sui meridionali. Francamente, pur non essendo un altoatesino (sono nato all’Aquila, amo Roma ladrona), non mi hanno offeso. Quello che trovo preoccupante, – molto più preoccupante delle tesi un po’ strampalate di uno che resta un mostro sacro del giornalismo italiano – sono le modalità dell’intervento dell’Ordine dei giornalisti. Il presidente, Carlo Verna, ha mosso al fondatore di Libero la velenosissima accusa di hate speech. Una categoria insidiosa, come insegnano gli orrori dei campus americani, dove si cacciano a pugni e calci gli oratori che infastidiscono i sacerdoti del pensiero unico. Ma, ancor peggio, Verna ha tirato in ballo anche Mario Giordano, che conduce Fuori dal coro, la trasmissione di Rete 4 durante la quale Feltri ha pronunciato la frase incriminata: «Credo», ha spiegato Verna, «che il nostro codice preveda una sorta di fattispecie di “incauta ospitata” a carico dei conduttori delle trasmissioni […], qualora non si dissocino fermamente come la Carta dei doveri dei giornalisti esige».

Chi stabilisce – e in base a cosa – qual è una «ferma» dissociazione? Giordano, dopo la risposta di Feltri, evidentemente ironica e iperbolica, per quanto di cattivo gusto, ha replicato: «Direttore, non puoi dirlo questo!». Non bastava? Doveva chiudere il collegamento? O compensare, trasmettendo il video di Massimo Troisi che parla male della Lega? Lo chiediamo, perché la stessa sentenza della Cassazione, citata da Verna, puntualizza che il conduttore deve «quantomeno» interloquire, «chiedendo precisazioni, chiarendo». Il «non puoi dirlo» di Giordano era così tanto meno del «quantomeno», da meritare una sanzione?

Curioso, poi, che il numero uno dell’Odg invochi «una sorta di fattispecie». Una «sorta». Come faccia una fattispecie, che per il dizionario è un «fatto particolare e determinato» disciplinato da una norma, a essere solo «una sorta», Dio solo lo sa.

Che bisogna fare, per tutelarsi dalla scure inquisitoria della deontologia? Per quella stessa deontologia, ad esempio, sarebbero fuori legge praticamente tutte le testate che non aderiscono al sacro verbo dell’accoglienza dei migranti: il Testo unico dei doveri del giornalista ha recepito infatti la Carta di Roma, una sorta di breviario pro immigrazione ideato da un’associazione facente capo a Open Society di George Soros.

Per evitare l’accusa di essere «incauto», un conduttore dovrà chiedere ai suoi ospiti un’autocertificazione? Tanto vanno di moda: «Giuro solennemente che non pronuncerò hate speech». Nel gotha della tv italiana sfilano da anni ex brigatisti riconvertiti in intellettuali e scrittori, ma Giordano è «incauto» se ospita un giornalista che ha diretto con successo prestigiosi quotidiani? 

Forse, l’Ordine dovrebbe preoccuparsi di più dell’inclinazione di certi illustri colleghi, rei confessi, a nascondere le notizie che potrebbero mettere in pericolo la reputazione dell’Europa (ogni riferimento al Corriere è puramente casuale). Forse, l’Ordine dovrebbe dire qualcosa sull’utilizzo di fonti anonime da parte di importanti telegiornali nazionali, che senza prendere in giro i «polentoni», hanno però imbastito una campagna strumentale contro la Lombardia – e c’è voluta una testata Rai tacciata di sovranismo, per ricordare che nelle Rsa sono morti anziani a centinaia anche in Toscana e in Emilia-Romagna.

Noi ti imploriamo, esimio Ordine dei giornalisti: visto che d’informazione a senso unico ce n’è già tanta, ce lo lasciate almeno Mario Giordano… fuori dal coro?

Alessandro Rico, 24 aprile 2020

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