Certi giudici hanno studiato all’Università della Stasi, magnifico rettore Baffone Ruotolo. Certi altri alla libera università Askatasuna, rettore Casarini Luca, professoresse Ipazia e Donatella di Cesare: coerentemente proteggono onesti terroristi confessi come questo palestinese trentasettenne Anan Yaeesh, che le groupie comuniste chiamano familiarmente Anan, roba da salotto stragista. Ci stanno dentro, fra i paladini, i demiurghi di Soumahoro, lo scintillante duo champagne Bonelli & Fratoianni, oltre all’immancabile Boldrini e altra roba assortita.
Per i giudici italiani, della Corte d’Appello de L’Aquila, “Anan” è patrimonio dell’umanità, risorsa, migrante che paga pensioni e non deve, assolutamente, tornare a scontare la galera in Israele, noto stato canaglia che gli farebbe male: meglio resti qua, nella Spa carceraria di Terni (per il momento, poi si troverà modo di farlo uscire, magari alla chetichella, e passarlo dai vari Floris, Fazio, Berlinguer…), da dove potrà convenientemente organizzare altre azioni dimostrative, ma apocalittiche. “La resistenza non è un crimine, il genocidio sì, Free Palestine”: sono gli slogan dei simpatizzanti: e peggio per la Dda de L’Aquila col torto grave, sionista, di affidarsi ai riscontri del Mossad secondo il quale il benemerito organizzava attentati suicidari in patria (quale patria? Cisgiordania, comunque). E va beh, che sarà mai.
I giudici Askatasuna non leggono molto, notoriamente preferiscono scorrere le chat in cui tramano per segare carriere sgradite, blindarne o costruirne di convenienti, a suon di chiose più da camera di postribolo che caritatis, ma non c’è niente di nuovo. Se leggessero qualcosa, per esempio La dolce conquista di Giulio Meotti, forse scoprirebbero quanto sia in itinere il processo di islamizzazione violenta, altro che genocidio, e quanto certe pronunce non facciano altro che agevolarlo; forse lo sanno, lo intuiscono, e si muovono di conseguenza. Nessuno tocchi Anan, se no è odio (e allora? E quindi?), mentre lui e quelli come lui possono, debbono odiare, perché sono costretti, perché non li lasciano abbastanza liberi di imporre la scimitarra su chi li ospita. E uno.
E due, invece, a Milano dove un tunisino uscito da un film con Totò e Peppino, dedito alla truffa delle gomme sgonfiate per alleggerire i malcapitati, ha cambiato una quarantina di nomi rendendosi legione: a quel punto i giudici, che in questo caso debbono avere studiato all’università del Derby, quello con Jannacci, Cochi e Renato, Abatantuono, Porcaro, il Dogui e un sacco d’altri, lo hanno mandato via, si direbbe più divertiti che rassegnati. L’assai sedicente Nadir Athmane Iftene, come no, algerino, forse, di 47 anni, eventualmente, di professione onesto ladro, almeno questo è certo, resta libero e bello, sempre ammesso che si limiti all’attività primaria e non faccia il salto di qualità, magari unendosi ai vari, e cari, Anan.
Perché qui ormai la situazione è completamente fuori controllo: se giri per Milano trovi più falsi kebabbari che ti guardano dalle vetrine e sembrano giurartela, che a Tangeri o Algeri, gli stragisti sono tutelati come patrimonio Unesco, quelli che cagano nelle fontane considerati attivisti, del Guttalax, e non solo non vogliono pagare le multe ma esigono di essere pagati loro, e il presidente Mattarella affida le chiavi della Costituzione, sacra a lockdown alterni, agli youtuber non potendo più affidarsi, per notorie ragioni implosive, ai Ferragnez. Qui abbiamo un alias Iftene che a forza di ridere in faccia agli sbirri ha fatto ridere anche le toghe: vada vada, non si preoccupi, ma rob de matt. Aveva ragione Giorgio Bocca, “Napoli siamo noi”, oramai certe pratiche sono risalite e sono universalmente nazionali, italiche, si salvi chi può.
Poi, certo, se uno, indigeno, dimentica di pagare trenta centesimi il “fisco amico” che piace alla Meloni ti scarica addosso certe letterine minatorie del tipo “o paghi o ti blocco la macchina”, il che accade perfino se hai pagato ma il fisco finge di non saperlo, perché ci prova sempre. E alla sinistra non basta, vuole più repressione, più rappresaglie. Per gli indigeni. L’importante è essere d’importazione, poi ladro di gomme, di zaini, di identità, terrorista, stragista, alla sinistra va bene tutto. E alla magistratura espressa dalla suddetta sinistra, invece pure. Domanda: può un Paese reggersi su una giustizia, minuscolo, del genere? Domanda inutile, e ci scappa da ridere.
Altra questione: può un Paese reggersi su leggi di tale risma? Perché il gioco è noto: la politica fa norme demenziali o criminali, i magistrati le usano a pretesto, “noi applichiamo e basta”; viceversa, i giudici sparano certe decisioni balorde, del tutto forzate, stravolte, laddove però il Parlamento offre il substrato di regole schifosissime, concepite esclusivamente per consentire a stragisti, ladri, stupratori di farla franca, il che avviene puntualmente. A noi pare che la situazione sia lievemente irreversibile e, del resto, la cronaca ce lo conferma ogni maledetto giorno che Iddio manda in terra, ma bando ai disfattismi, per tutto il resto c’è la Ue con la sua casa green che ricorda la bile della bambina indemoniata: scarseggiano gli esorcisti però.
Max Del Papa, 14 marzo 2024
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