L’auto elettrica crolla pezzo dopo pezzo: chiude la fabbrica di suv alla spina

Altra batosta per Volkswagen dopo l’annuncio della chiusura di tre siti. E intanto l’Ue impone dazi alla Cina

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Si moltiplicano le brutte notizie per i talebani del green. Negli ultimi mesi abbiamo registrato decine di batoste per il mercato delle auto elettriche e, nonostante la propaganda dei soliti noti, la situazione non è cambiata, anzi. I produttori europei hanno archiviato ambiziosi e miliardari programmi di investimento. Ma non solo: a causa del flop delle auto alla spina, stanno saltando stabilimenti e posti di lavoro. Restando in casa Volkswagen – che chiuderà tre stabilimenti – anche Audi deve fare i conti con alcune difficoltà tali da spingere i vertici a chiudere lo stabilimento di Bruxelles dove vengono prodotti i Suv elettrici.

L’impianto belga rappresenta il simbolo del fallimento della strategia europea del passaggio alle auto green. E sono dolori per i lavoratori: lo stabilimento attualmente impiega 3 mila persone, tutte adoperate per la produzione di un unico modello, il Suv elettrico Q8 e-tron. Il motivo della chiusura del sito è abbastanza facile da capire: la bassissima domanda. Da qui la decisione dei vertici di Audi di spostare la produzione in Messico, mossa necessaria per puntare sul mercato americano.

In base alle prime indiscrezioni circolate, la fabbrica Audi di Bruxelles verrà chiusa alla fine di febbraio. Fino alla fine del 2024 non sono previsti licenziamenti. La tesi ufficiale del colosso tedesco è che la posizione dello stabilimento ne rende difficile l’espansione. Ma parliamo di una fabbrica di 57 mila metri quadrati che negli ultimi 75 anni non ha patito problemi di alcun tipo, soprattutto dal punto di vista logistico. I fatti sono visibili ad occhio nudo: la crisi delle elettriche non consente ulteriori scommesse. Nemmeno la produzione di un nuovo modello di veicolo.

L’unica speranza è legata a un potenziale investitore per lo stabilimento. Si tratta di un profilo attivo nel settore dei veicoli commerciali, come evidenziato da Peter D’hoore, responsabile delle comunicazioni esterne di Audi Bruxelles: “Si tratta di un investitore che proviene dal settore dei veicoli commerciali (camion e autobus) ed era già stato contattato da Audi in precedenza”. Ma il futuro dei lavoratori resta un enigma, con buona pace degli integralisti del green.

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Come evidenziato in precedenza, Volkswagen sta attraversando un momento di severa crisi tra le difficoltà economiche della Germania e il flop delle elettriche. Il colosso automobilistico chiuderà almeno tre fabbriche in Germania, mentre tutti gli altri siti saranno ridimensionati. Il consiglio di fabbrica del gruppo ha lanciato l’allarme: si rischia il taglio di decine di migliaia di posti di lavoro. Tra i siti a rischio, quello di Osnabruck, che recentemente ha perso una commessa sperata da Porsche.

Volkswagen impiega oltre 120 mila persone nel Paese, di cui circa la metà nella città di Wolfsburg. “È una profonda pugnalata al cuore” dei lavoratori della Volkswagen, il j’accuse del sindacato IG Metall che ha contestato e respinto i piani di chiusura degli impianti, definiti “inaccettabili”: “Questi piani aggressivi del consiglio di amministrazione non sono in alcun modo accettabili e rappresentano una rottura con tutto ciò che abbiamo sperimentato in azienda negli ultimi decenni”.

Ulteriori novità sulle elettriche arrivano direttamente dall’Italia. Il presidente di Stellantis John Elkann ha infatti fatto sapere in una lettera alla Camera che non si presenterà in audizione in Parlamento, come era stato richiesto, e che invece attende che venga convocato un tavolo a Palazzo Chigi. Ribadita “la disponibilità a un dialogo franco e rispettoso”, ma anche di non aver nulla da aggiungere rispetto a quanto già detto dall’amministratore delegato Carlos Tavares nella sua audizione in Parlamento.

Franco Lodige, 30 ottobre 2024

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