A parte il linguaggio da bar dello sport o caserma, si può pensare mai che sia qualche doccia in più o in meno a risolvere il problema dei nostri consumi? Come si può pensare che siano i privati, e non le grandi aziende e infrastrutture che servono a portare avanti i nostri Paesi che consumano, la più parte del petrolio e del gas che importiamo? E come si può pensare di imporci sacrifici sull’igiene personale e farci retrocedere di colpo al tempo in cui questa era un optional, con tutte le conseguenze sulla salute e sulla durata media delle nostre vite che si possono immaginare? E può la politica (in primo luogo la complessa geopolitica attuale) ridursi a personalizzazioni da avanspettacolo e a dispetti da fare (o credere di fare) al potente di turno (che immagino se la stia ridendo di sano gusto)? Dispetti che, in qualche modo, sembrerebbero una valvola di scarico per frustrati come devono sentirsi quei cittadini europei “normali” a cui il vento della storia passa sopra le proprie teste e da un po’ non tira nemmeno nella versione giusta.
La Vestager, che fa parte del gruppo dei finti liberali e ipercorrettisti dell’ALDE, avrà pensato, nel dire con compiacimento quello che ha detto, di avere accontentato un po’ tutti, e non ultimo i seguaci della “decrescita felice” e di quella Greta von Thonburg che fu accolta dal Parlamento come una scienziata e un profeta insieme. In verità, la politica danese ha invece dimostrato semplicemente (ed è in buona compagnia a Bruxelles) di non essere all’altezza. Lasciandoci nello sconforto più assoluto: è con questi uomini e donne che l’Europa pretende di contare nella sida globale a tutto campo che si è aperta in un mondo che si fa sempre più duro?