È oggetto di un acceso dibattito l’approvazione del ddl avvenuta mercoledì al Senato, il quale prevede semplicemente un’estensione di un reato già previsto dal 2004, che è quello della maternità surrogata. In Italia è punita con una pena che prevede il carcere fino a due anni e una multa fino ad un milione di euro. Quindi il reato diventa universale, e queste sanzioni saranno applicate anche agli italiani che si sono recati all’estero per ricorrere a questa pratica.
La ratio di questo emendamento è ovviamente quella di evitare che una fattispecie prevista dal nostro ordinamento venga aggirata andando all’estero per commissionare un bambino, fenomeno chiamato appropriatamente “turismo procreativo”. Innanzitutto, occorre fare una distinzione fondamentale: la maternità surrogata può essere retribuita, è il caso del cosiddetto utero in affitto, oppure può essere gratuita, chiamata anche altruistica o solidale.
In Italia è illegale in entrambe le forme, e secondo l’opposizione sarebbe una norma strumentale alla discriminazione delle famiglie non tradizionali, nonché una violazione della libertà di poter fare quello che si vuole del proprio corpo.
Partiamo dalla prima obiezione: le coppie che ricorrono maggiormente alla gestazione per altri sono per lo più eterosessuali, quindi, almeno che non si pensi che il governo sia disposto a sacrificare gli interessi di molti (gli eterosessuali) per fare un dispetto a pochi (gli omosessuali) questa obiezione lascia il tempo che trova, ma sicuramente è esattamente ciò che crede la sinistra.
Seconda obiezione: Questa è una visione decisamente semplicistica del fenomeno, altrimenti sarebbe legittimo anche vendere un polmone per sopperire ad eventuali indigenze economiche, per farsi una vacanza o magari per prendersi una bella macchina.
La maternità non può diventare un business, come avviene in alcuni stati degli Stati Uniti. Nei casi di maternità surrogata tradizionale (e retribuita), nella quale la donna che provvede alla gestazione utilizza i propri ovuli, si può addirittura scegliere il patrimonio genetico che avrà il bambino, una specie di supermarket della vita, un centro commerciale di bambini, insomma, un obbrobrio. Ma ammettiamo che venisse concessa la maternità surrogata esclusivamente a titolo gratuito, escludendo così, apparentemente, lo scopo di lucro.
Quante donne sarebbero davvero disposte a farsi carico di un processo così stressante, faticoso e lungo, quale quello della gravidanza, esclusivamente per solidarietà? Il bambino vive tutto ciò che vive la madre sin dall’inizio, è investito da tutto ciò che accade alla mamma, e negli ultimi mesi di gravidanza l’udito gli permette di sentire anche la sua voce, e quindi di riconoscerla dopo la nascita. Si tratta di un processo nel quale si crea un legame profondo con il bambino che si porta in grembo, tale che spesso le mamme surrogate fanno fatica a liberarsene dopo il parto.
Ma al di là della moralità (o immoralità) del fenomeno, per la quale abbiamo tutti dei parametri diversi, come possiamo effettivamente garantire che non venga dato niente in cambio della gestazione? Soldi sottobanco, regali, favori. Quale potrebbe essere la linea entro la quale la surrogazione rimarrebbe solidale? Il fenomeno è molto complesso, e non può essere discusso riducendolo ai minimi termini.
È facile essere liberi quando si hanno i mezzi, il discorso cambia quando ci si trova in condizioni di vulnerabilità, per questo il reato della maternità surrogata è una tutela alla libertà delle donne, non una restrizione.
Massimiliano Bertagna, 19 ottobre 2024
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