Esteri

Le 3 incognite dell’era postamericana - Seconda parte

Diversamente dal primo, il secondo obiettivo ottiene buoni successi, ma paga prezzi elevati. La presidenza Clinton offre alla Cina una via d’accesso privilegiata al mercato mondiale (ingresso Wto nel 2001): le società finanziarie ottengono un nuovo campo d’azione (Pechino acquista a man bassa debito pubblico Usa), i consumatori americani trovano a domicilio una valanga di prodotti a basso prezzo, l’inflazione resta ferma. In sincrono scoppia il boom delle delocalizzazioni: le imprese trasportano le produzioni in Paesi dove il lavoro costa poco (Cina), espandono gli utili e scoprono mercati ricettivi. La globalizzazione decolla e i produttori più forti, high tech in testa, acquistano in fretta dimensioni mondiali. Le due presidenze che seguono Clinton, Bush jr. e Obama, assecondano la tendenza, ma tralasciano il rovescio della medaglia. La Cina, sfruttando condizioni produttive e commerciali ipervantaggiose, diventa una grande potenza ma solo l’esasperato nazionalismo di Xi Jinping, che punta al primato mondiale, fa vedere il pericolo. Anche le delocalizzazioni, dopo l’entusiasmo per i benefici di bilancio, generano un’impaurita percezione dei costi: in Asia competitor, che hanno appreso da chi delocalizza tecnologia e modi di gestione, sviluppano a bassi costi svariate produzioni, mentre in Occidente cala l’occupazione e cresce il malcontento.

Gli errori dei presidenti Usa

La longeva cecità davanti ai danni sociali e politici causati dall’azione di tre presidenti è anch’essa un prodotto dell’ideologia: si crede che il mercato, prima o poi, porti la democrazia, che i successi economici rendano marginale la politica, che il trionfo liberale – finito il comunismo – sia inevitabile e segni la fine della storia. L’idea è del tutto fallace e oscura la visione della vita sociale: il successo dei mercati è pagato dal dissesto civile. Ne derivano danni strategici: caduta di credibilità con alleati e Paesi neutrali, messaggi sbagliati trasmessi agli avversari, terrorismo incoraggiato. La visione idealistica dei democratici, di cui è tributario anche Bush jr. guidato dal pensiero neo-con che origina a sinistra, ha l’effetto di uno smarrimento collettivo che colpisce senza antidoti – l’Europa non elabora posizioni autonome – l’Occidente e favorisce l’espansione politica di Stati autoritari (Cina, Russia, Turchia). Occorre un outsider realista come Trump, che rappresenta i perdenti del mercato globale, per cambiare rotta: la Cina è finalmente identificata come avversario strategico, in Medio Oriente finisce lo sbandamento ed emerge una visione creativa che incentiva l’alleanza stabilizzante fra Israele e monarchie arabe (accordi di Abramo), è avviata l’uscita da teatri di guerra ormai privi di valore cruciale. Biden adotta la linea di Trump, dimenticando la demonizzazione fatta in campagna elettorale, e chiude nei fatti il quarto di secolo dell’idealismo democratico: purtroppo l’esecuzione si rivela un disastro e aggiunge guai a quelli già accumulati.

Le tre incognite sul futuro: cosa succederà?

Archiviata un’epoca infelice, si apre una stagione dove dominano le incognite. A un primo sguardo ne appaiono tre principali. Le democrazie sono divise: gli Stati Uniti hanno perso credibilità, i loro alleati non si fidano, crescono le spinte, anche velleitarie, per sviluppare politiche autonome. La Cina è per gli americani un antagonista pericoloso in una sfida politica mondiale, ma per vincere gli alleati sono essenziali e gli europei, già svogliati e ora motivati nella diffidenza, non vogliono rinunciare a Pechino, fondamentale partner commerciale: si intravvede un periodo di aspri confronti. Persa l’idea di esportare la democrazia e di fare la guerra al terrorismo, le democrazie restano orfane di una visione che faccia da bussola nella contingenza della politica internazionale: di fronte a Stati autoritari, che invece seguono una rotta ben definita, è un handicap pesante. A rischio sono soprattutto le nazioni dell’Europa che, oltre alla promozione accanita dell’export, non sembrano avere una percezione chiara e condivisa della congiuntura mondiale e dei suoi pericoli.

Antonio Pilati, 15 settembre 2021

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