C’è un’urgenza, tra le tante, nell’Italia del Coronavirus. È quella di salvaguardare le imprese e le famiglie che svolgono l’indispensabile funzione economica e sociale dell’affitto. Confedilizia, che è la Confederazione della proprietà immobiliare, lo ha detto forte e chiaro al Governo assieme ad Aspesi, che nel sistema Confedilizia rappresenta il settore delle società di investimento immobiliare.
Con il decreto “Liquidità”, un altro tassello si è aggiunto nel sostegno alle attività di impresa, tale da rappresentare – attraverso la garanzia dello Stato ai finanziamenti bancari – un ausilio, fra l’altro, per il pagamento dei canoni di locazione da parte delle imprese (a patto che si lavori per tempi di accredito celeri, naturalmente). In precedenza, con il decreto “Cura Italia”, un’ampia platea di operatori aveva ottenuto uno specifico supporto costituito dal credito di imposta pari al 60 per cento dell’ammontare del canone di locazione relativo al mese di marzo in favore dei conduttori di locali commerciali rientranti nella categoria catastale C/1.
Si può fare, però, ben di più, nell’interesse di entrambe le parti dei contratti e dell’intera economia. La proposta di Confedilizia e Aspesi è allora quella di:
- estendere il credito d’imposta di cui al “Cura Italia” per gli utilizzatori di immobili colpiti dalla chiusura forzata (ora limitato ai negozi) a tutte le asset class non residenziali, sempre a condizione dell’avvenuto pagamento del canone;
- attribuire tale credito d’imposta alle proprietà, qualora i conduttori non abbiano invece corrisposto nei termini il canone;
- estendere l’applicazione della norma, ora limitata alla mensilità di marzo, anche al mese di aprile.
Va sottolineato che l’attribuzione del bonus fiscale alle proprietà danneggiate dal blocco delle attività non implica oneri per lo Stato – e quindi non richiede una specifica copertura finanziaria – in quanto è lo stesso credito di imposta che potrà essere concesso solo ad una parte del rapporto locativo, quella effettivamente danneggiata.
Inoltre, sono più che mai indispensabili – in questa fase di grande difficoltà – due misure che già prima della crisi si erano dimostrate necessarie ed urgenti, vista la situazione critica del commercio: l’estensione a tutte le locazioni non abitative della cedolare secca, che ora avrebbe l’ulteriore vantaggio di incentivare le revisioni dei contratti, e l’eliminazione dell’assurda regola della tassazione dei canoni non percepiti. Due interventi che l’opposizione sta chiedendo a gran voce, che sono di elementare buon senso, ma che ancora non vedono la luce, mentre ci tocca continuamente leggere di sindaci e assessori che – con sprezzo del ridicolo – fanno a gara a chi utilizza i termini più enfatici (invito, esortazione, appello accorato, e via pontificando) per sollecitare i proprietari a “venire incontro” alle esigenze degli esercenti.
Guardandosi bene, ovviamente, dal fare ciò che loro competerebbe per agevolare questi accordi (peraltro già in corso), come ad esempio diminuire il carico di imposte come l’Imu. Per la ripresa del mercato immobiliare post-blocco, suggeriscono poi Confedilizia e Aspesi, si dovrebbe puntare a far nascere il mercato di sostituzione con le permute tra la casa vecchia e una nuova. Ciò, attraverso la sospensione per 5 anni dell’imposta di registro sulla vendita alla società costruttrice dell’alloggio vecchio a deconto del prezzo del nuovo.
Non è prevedibile, infatti, in questo quadro di debolezza delle famiglie italiane, la possibilità di rilanciare a breve qualsiasi altro mercato residenziale che non sia, appunto, quello di sostituzione. E la produzione di alloggi nuovi nelle grandi città che ne deriverebbe, in particolare da recupero, avrebbe un fortissimo ed immediato impatto anticiclico su produzione e occupazione, oltre che su risparmio energetico e qualità della vita.
Certo, tutte queste diventano parole destinate al vento se, con sconforto indicibile, si è costretti a leggere – oggi, nel pieno della crisi – di proposte di nuova tassazione da una parte della maggioranza. Ancora una volta, una fetta della politica dimostra di considerare le tasse come la soluzione a ogni problema. Mentre invece, mai come ora, le (troppe) tasse sono IL problema.
Giorgio Spaziani Testa, 11 aprile 2020