Il nuovo governo presieduto dal Dr. Draghi è la migliore notizia per l’Italia da molti mesi a questa parte. Avrà con certezza assoluta la fiducia e segna una svolta epocale nella politica italiana decretando non solo la fine definitiva dei 5 Stelle, ma ben più importante una netta svolta anti-populista che potrebbe essere, alle prossime elezioni, prodromica di un buon governo di legislatura.
La fiducia a Draghi
È evidente che la fiducia sarà votata. Resta da stabilire se i 5 Stelle si scindono (e non sarebbe un male visto che l’ala Di Battista-Toninelli diventerebbe totalmente irrilevante oggi, domani e per sempre) e se il Pd decide per l’appoggio esterno per difendere Conte e l’alleanza con l’ala governista dei 5 stelle, suicidandosi definitivamente. L’ala radicale dei 5 Stelle non conta nulla politicamente, elettoralmente e continuerà ad abbaiare alla luna senza alcuna competenza. Purtroppo aveva ottenuto il 32% dei voti, ma a mala pena avrà il 5% in futuro, e probabilmente sotto il 2% al nord produttivo, quindi fine di ogni rilevanza. Con loro Travaglio che dovrà occuparsi di non fallire perché nessuno lo ascolterà più per noia.
Il Pd si troverebbe alleato dei 5 Stelle dimezzati con nessuna speranza di vincere le elezioni e con zero contenuti riformisti. Cosa facciano nel Pd in questa prospettiva Giorgio Gori, Tommaso Nannicini e Stefano Bonaccini non è dato ancora sapere. Di certo questa svolta di Bettini-D’Alema porterebbe il Pd a ritornare ad essere il Pci allineato alle posizioni di Leu e perennemente minoritario e sconfitto alle elezioni. Sarebbe però un contributo di chiarezza visto che effettivamente le posizioni politiche ultimamente sono allineate a Leu e quindi anch’esse con un bacino elettorale largamente minoritario e mai di governo. Presenza di bandiera e per giunta antistorica.
Il motivo per cui una simile sciagura e suicidio non comporti un congresso e un cambio di linea è ignoto. Resta una sconfitta di proporzioni enormi, documentata dalle interviste di Andrea Orlando nei giorni della crisi che saranno materia per show satirici per anni. Mai visto una simile dose di capriole, concluse con l’atterraggio di naso sul muro di cemento armato. Una sciagura umiliante. La Lega, se mantiene la posizione Giorgetti di appoggio incondizionato a Draghi, si smarca dal populismo e utilizza il treno Draghi per accreditarsi in Europa dopo le comparsate al Papeete di Salvini. La differenza rispetto al Pd è radicale. La lega con Draghi prende l’ascensore per il prossimo governo. Il Pd prende il batiscafo per la fosse delle Marianne da cui non emergerà per un decennio probabilmente.
Cosa cambierà con SuperMario
Draghi porta cambiamenti radicali. Prima di ogni altro la competenza. Il confronto con Conte sarà impietoso. Da una parte un leader, capace, misurato nella comunicazione, umile quando serve perché sicuro di se, ma fermo e netto sulla base delle convinzioni profonde che porta. Dall’altra una banderuola senza idee, senza capacità, con un curriculum taroccato e con Casalino a soffiare sulla immensa, inutile vanità, carattere chiave della personalità di Conte.
Il confronto con i ministri sarà anche impietoso. E anche qui le dichiarazioni passate faranno ridere. “Ho la migliore squadra la mondo” diceva Conte quando voleva evitare il rimpasto, convinto di azzerare Renzi. Il confronto di questa presunta migliore squadra al mondo con il prossimo governo sarà tanto imbarazzante quanto esplicito per le capacità di giudizio di Conte.
La competenza porta con sé una seconda conseguenza che è la fine dalla capacità di ricatto. Non assisteremo più a ricatti e ricattini di lobby di tutti i tipi che sono state la vera anima del governo Conte. Chi ha vissuto dall’interno gli ultimi mesi sa che Conte pur di accontentare tutti, timoroso per vanità di cadere, ha elargito (con i nostri soldi… questo è il dramma) mancette a destra e a manca. Questo finirà in modo drastico e molte mancette verranno ritirate subito. Soprattutto sarà chiaro che le “condizionalità” (ad esempio “sì al governo ma non con la Lega”… ) che in realtà mascherano solo interessi di parte, verranno non solo respinte al mittente, ma si ritorceranno contro chi le ha poste. Gli unici che lo hanno subito capito sono Renzi (che resta l’unico politico vero in un circo di nani e ballerine) e pare anche Salvini a cui sembra tornare un minimo di intuito politico che aveva dimostrato in passato.
Chi non lo ha capito è Nicola Zingaretti (ma cosa si vuole pretendere poverino…) e in misura minore perché in quel caso parliamo di ideologia assurda, l’ala movimentista dei 5 Stelle. Tutti i modesti politici oggi in auge, scopriranno presto che chi pone condizioni, viene prima respinto e poi esposto alla gogna dell’irrilevanza e della sconfitta pubblica, e smetteranno molto presto di porre condizioni.
Il terzo enorme cambiamento sarà l’attenzione alla crescita del Paese. Draghi sa benissimo che la sostenibilità del debito dipende dalla crescita economica. Lo disse prima di tutti a marzo 2020 nell’intervista al Financial Times. Quindi dopo tre anni di assurdità economiche avremo un governo di stimolo alla crescita, che avrà attenzione e rispetto per le imprese, che non sprecherà anche solo un euro per sussidi se non strettamente necessari. Una differenza di atteggiamento epocale rispetto al “Sussidistan” di Conte.
Il clima di fiducia delle imprese che ne deriverà potrebbe avere di per sé conseguenze importanti sulla crescita. Da molti anni, con una parziale eccezione con il governo Renzi, non c’è stata in Italia questo tipo di cultura né tanto meno un governo con queste convinzioni, e io credo che Draghi potrà invece dimostrare nei fatti che si può benissimo essere a favore delle imprese e della crescita, senza essere contro gli “ultimi” e chi ha veramente bisogno di aiuto. Verrà negata nei fatti la vulgata trentennale della sinistra Pd-D’Alema con conseguenze molto durature sulla politica italiana. Due anni sono relativamente pochi ma se le politiche pro crescita avranno successo alimentandosi con l’enorme output gap italiano che Draghi conosce benissimo, e se la Lega, come pare, smette gli abiti populisti, al nord produttivo il plebiscito per questo tipo di cultura di governo che rispecchia la Merkel e Macron, sarà quasi bulgaro, con percentuali mai viste, e potrà assicurare alle elezioni del 2023 un maggioranza fortissima, specie se il cambiamento della legge elettorale non sarà una delle priorità del governo e difficilmente troverà spazio nel parlamento cosi come è messo.
Il quarto e ancora più importante cambiamento è la fine definitiva dell’assurdo “uno vale uno” e del relativo populismo di sinistra da strapazzo. Certo qualche residuo nostalgico ci sarà sempre, ma la morte della visione del parlamento-scatoletta di tonno è scontata. E quindi le prossime campagne elettorali saranno giocate sui contenuti e non su folli promesse demagogiche. Sembra averlo forse compreso Beppe Grillo che sta affannosamente tentando di tenere insieme i 5 Stelle svoltando sulla frontiera “ecologica” dove troverà qualche modesto appiglio. Ma se sarà cosi, come io penso, i candidati dei partiti non dovranno essere “estratti a sorte”, ma piuttosto dovranno essere chiaramente competenti con esperienza e curriculum di qualità. Quindi le elezioni si giocheranno sulla capacità di attrarre i competenti nelle file dei partiti, il che rappresenta un cambio a 180 gradi rispetto al passato, oltre che, come preconizzato da Castagnetti, la cancellazione pressoché competa di questa classe politica che ha palesemente dimostrato di essere totalmente incompetente. E in questo quadro i 5 Stelle spariscono, ovviamente, perché un pagliaccio attrae solo figuranti non competenti.