Mancano pochi giorni alla resa dei conti tra Kamala Harris e Donald Trump. La campagna elettorale di queste elezioni presidenziali è stata particolarmente rovente, tra il cambio in corsa in casa dem, gli attentati al candidato repubblicano e i botta e risposta al vetriolo. Obamala, ops Kamala deve fare i conti con i disastri combinati dall’amministrazione Biden negli ultimi quattro anni in cui lei ha messo la zampino. Un esempio su tutti le 500 leggi-fuffa dedicate alla religione woke.
Sì, perché l’amministrazione Biden-Harris ha implementato politiche DEI (diversità, uguaglianza e inclusione) in tutto il governo federale attraverso centinaia di azioni diverse. “L’amministrazione Biden-Harris ha adottato misure per garantire che la DEI si infiltri in ogni angolo del governo federale, dalle agenzie sanitarie alla sicurezza nazionale”, spiega il rapporto di Do No Harm: “Il primo giorno della sua amministrazione, il presidente Biden ha emanato l’ordine esecutivo 13985, intitolato “’Promuovere l’equità razziale e il supporto per le comunità svantaggiate attraverso il governo federale’”. Robe da matti.
Il rapporto ha rilevato che oltre 80 enti federali hanno intrapreso azioni DEI. Il Dipartimento della sicurezza interna (DHS) e l’Agenzia per la protezione ambientale ne hanno intraprese o pianificate rispettivamente 13 e 22, mentre la National Aeronautics and Space Administration (NASA) ha intrapreso o pianificato 26 azioni DEI, tra cui lo svolgimento del “suo primo LGBTQI+ Vendor Equity Forum virtuale”. Il Dipartimento dell’agricoltura ha intrapreso o pianificato 21 azioni DEI, tra cui la rivisitazione di “molti dei nostri programmi alimentari e agricoli da una prospettiva indigena” e il perseguimento dello “sviluppo e dell’espansione della capacità di lavorazione degli animali indigeni”.
Ma non è tutto. Anche gli enti più “particolari” hanno dovuto fare i conti con la linea woke di Biden e Kamala. Basti pensare alla Japan-U.S. Friendship Commission che ha intrapreso o pianificato cinque azioni o agli American Battle Monuments che ne hanno intraprese o pianificate sei. Non è un caso che Trump punti forte sulla linea anti-woke, sollecitando il Congresso a “istituire un fondo di risarcimento per coloro che sono stati ingiustamente discriminati da queste politiche distruttive”, mettendo in guardia contro il razzismo anti-bianco.
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L’aspetto più grave di questa genuflessione è l’aver politicizzato la sanità, senza dimenticare la dannosa politica identitaria con standard diversi a seconda della razza o dell’orientamento sessuale. E anche le agenzie relative alla sicurezza nazionale sono state colpite da questa furia. Il Dipartimento di Stato ha delineato i suoi piani per “integrare l’equità razziale e la giustizia in tutto il Dipartimento fornendo assistenza tecnica per quadri di equità razziale e giustizia specifici dell’ufficio”, mentre il Dipartimento della Difesa ha adottato “l’analisi di genere nelle linee guida politiche”. E ancora le linee guida dell’Office of the Director of National Intelligence che invitano i funzionari a evitare “frasi problematiche” quando si discute di terrorismo. Come se non bastasse, la National Security Agency ha creato un glossario DEI che include termini come “fragilità bianca”, “colonialismo dei coloni” e “transmisoginia”, facendo apertamente riferimento al lavoro dei Critical Race Theorists.
Insomma, questa è l’America lasciata in eredità dal tandem Biden-Kamala. Un’America attenta alle castronerie woke a tal punto da genere ulteriore discriminazione. Anziché dare spazio al merito e alla vera uguaglianza, questa sequela di imbecillità ha premiato l’inclusività esasperata e la divisione. L’analisi del presidente di Do No Harm è perentoria: “Lo stesso governo che è incaricato di proteggere il popolo americano dalla discriminazione non può anche perpetuarla. I nostri leader devono sradicarla e tornare ai nostri principi fondanti”. Le elezioni presidenziali in programma tra pochi giorni rappresentano un crocevia fondamentale anche da questo punto di vista.
Franco Lodige, 1 novembre 2024
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