Mentre il partito comunista cinese pubblica il testo con cui celebra la vittoria sull’epidemia, su come “il compagno Xi Jinping si è preso cura del popolo” e punta il dito contro la diffamazione dell’espressione “virus cinese”, il mondo prova a capire qualcosa nell’estrema confusione di dati. Ma c’è un altro regime, dopo quello cinese, dove la lotta al virus è diventata una capillare campagna di propaganda. La Repubblica islamica iraniana ha seguito lo stesso copione tra sicofanti e lacché.
Perché il coronavirus continua a diffondersi in Iran. Il virus si è diffuso in ciascuna delle 31 province, anche se i ricoveri confermati continuano a essere denunciati a Teheran, Qom, Alborz Gilan, Esfahan e Mazandaran. E mentre il numero di casi sale costantemente, il paese ha rilasciato circa 70.000 prigionieri nel tentativo di arginare il virus. Quel virus che è stato ignorato, mistificato, negato per settimane dall’Iran di Khamenei e Rouhani.
La situazione è diventata così pericolosa che alcuni membri del parlamento iraniano, in queste ore, si sono finalmente fatti avanti e hanno criticato l’establishment teocratico per non aver affrontato adeguatamente la questione. Il Paese è in ginocchio da tempo. Sono stati mobilitati 300.000 soldati e volontari. È stato contagiato anche il capo della task force medica insieme al 10% dei politici. I numeri reali sono censurati e l’opposizione parla di 60.000 contagi e 1000 morti, ma sono numeri sena riscontro. Quelli pubblicati dalla Coronavirus Resource Center della Johns Hopkins University raccontano di 9000 casi, ovvero più di uno circa su 12.000 persone. E il primo caso sarebbe apparso il 19 febbraio.
Ma i numeri ufficiali dell’Iran sono quasi certamente sottostimati: secondo The Altantic non solo per lo stile comunista del regime (loro non falliscono mai!), ma per via del tentativo del governo iraniano di nascondere una situazione disperata di cui è parzialmente responsabile.
Vari centri di ricerca dell’Università di Toronto hanno lavorato sul potenziale di diffusione internazionale del virus dall’Iran valutando l’interconnettività tra quest’ultimo e altri paesi – specie Canada, Libano ed Emirati Arabi – utilizzando i dati della IATA (International Air Transport Association), da 23 febbraio. Le stime elaborate dimostrano, così, una nuova mappa del contagio, ma soprattutto che i contagiati sono molti di più, ma davvero molti di più.
Le cifre ipotizzate sono da capogiro, ed è inutile riportarle se non confermate.
Eppure, molto probabilmente, quando verrà scritta la storia dell’epidemia di Coronavirus del 2020, potrebbe essere sintetizzata in qualcosa del genere: la malattia è iniziata in Cina, ma è diventata irrevocabilmente non contenuta in Iran.
Mentre, infatti, la città di Qom diventava l’epicentro attraverso il quale il Coronavirus veniva trasmesso in altre parti del mondo, il presidente iraniano Hassan Rouhani sottolineava che il governo non ha in programma di mettere in quarantena la città o, in ogni caso, qualsiasi altra città. E i voli non venivano fermati nonostante i dati in loro possesso. Le autorità iraniane hanno gestito, infatti, i primi casi con la tecnica della negazione. Dichiarazioni pubbliche raccontavano che nel Paese non c’era crisi e che nessuno aveva contratto la malattia. Menzogne in stile Mao, durate però davvero poco.
Quando alcune autorità iraniane sono state costrette a fornire informazioni, hanno dichiarato di non poter comunicare il numero effettivo di persone che sono state contagiate o morte. L’uomo a capo dell’Università di Scienze Mediche di Qom, Mohammad Reza Ghadir, per esempio, ha dichiarato il 24 febbraio alla televisione di stato iraniana che il Ministero della Salute aveva emesso un divieto di divulgare statistiche sull’epidemia di Coronavirus nel paese. E il giorno dopo è stato messo in quarantena.
È importante ricordare, poi, che il cielo sopra l’Iran ha continuato ad essere teatro delle violazioni delle sanzioni statunitensi, almeno da giugno fino a dicembre. Con il sostegno delle imprese straniere, le compagnie aeree commerciali iraniane, in particolare Iran Air e Mahan Air, sono state utilizzate per il trasporto illecito di armi e personale militare, compresi membri dell’Islamic Revolutionary Guard Corps (IRGC), e l’élite di Quds Force e Milizia Basij. Queste compagnie aeree hanno volato verso paesi come la Siria senza preavviso. E diversi paesi, tra cui Germania e Francia, hanno da poco vietato i voli della Mahan Air.
La retorica tronfia, però, è sterile. Eppure tocca raccontare che il leader supremo dell’Iran, l’Ayatollah Ali Khamenei, ha nei giorni scorsi definito il Coronavirus una “benedizione”.