I filmati di Quarta Repubblica sull’euronorevole rivoluzionaria, ma appena appena, Ilaler Salis rilanciano il tema dei limiti della democrazia: da queste parti siamo sciagurati garantisti a oltranza, inclini a difendere il diritto di chiunque, anche chi ci vorrebbe appesi, di esprimere qualsiasi puttanata, e quindi bando ai reati per apologie varie: certo che vedere una donna del popolo, europeo, una rappresentante, inneggiare allo sfascio di Roma, 15 ottobre 2011, come “una data scolpita nel cuore”, qualche perplessità la mette.
A Roma quel giorno vinse l’eversione: camionette militari bruciate, il centro devastato come dagli unni, e, particolare notevole, forse unico nelle frananti democrazie occidentali, l’esultanza letteralmente incontrollata dei balordi dei centri sociali che ballavano indisturbati sopra le macerie. Abbiamo ospitato ieri l’intervento di Giorgio Carta che alla Meloni chiede qualcosa di destra, per dire di concreto al di là delle solidarietà da tiktok, affinché passi questo sconcio degli sbirri mandati allo sbaraglio con compiti di puro argine fisico, a prendersi botte, legnate e sputi nella totale impunità di chi li manda all’ospedale. Perché il punto sta precisamente qui: più spedisci al sacrificio gli sbirri, più lasci a mezzo magistratura i teppisti e i terroristi completamente liberi di infierire, e più le Salis di tutto il mondo, unite, non si accontenteranno: loro, e lo scrivono, vogliono il mondo senza legge, senza chi le fa osservare, senza chi le applica, vogliono l’anarchia che prelude al comunismo manicomiale, il trionfo dei violenti, degli occupatori, dei prepotenti. E perché non dovrebbero se le conseguenze sono la vita bella in Europa?
Questa Salis, interpellata dai cronisti puzzoni di Quarta Repubblica, incede regale, si sventola, li guarda torvo (e le scappa da ridere, neanche lei ci crede, neanche lei può credere a questa favola allucinante per cui si ritrova potere dopo una vita di apparente contropotere, scandita da condanne e precedenti, da pendenze in corso tra l’Italia e l’Ungheria), comunque, democraticamente, disprezza e non risponde. Scortata dai gorilla, nessuno può avvicinarla: ricorda, per sicumera quasi ingenua, le Clara e le Villain del Festival dove probabilmente finirà, siccome è più facile e bello cantare a Sanremo che a Budapest. Sì, c’è da domandarsi sui limiti della democrazia, c’è da chiedere conto a chi l’ha candidata, a chi l’ha eletta se questa arriva ad esaltare la violenza sovversiva, a scagliarsi, per posa fin che volete, su chi reprime le occupazioni abusive con la solita solfa strampalata della lotta alla proprietà privata, al capitalismo, al sacrosanto diritto di prendersi ciò che non spetta con la forza dell’abuso, per non convivere a 40 anni insieme ai genitori: soluzione Ilaler Salis, prendo e occupo a giro, lascio debiti di discreta entità, 90mila euro, rilancio la lotta “con qualsiasi mezzo”, passo dall’Askatasuna, poi, scortata, arrogante, torno a Bruxelles in business class dei parlamentari.
Con le nuove norme oggi prenderebbe 7 anni di galera supplementari, ma Ilaler ride, garantisticamente la legge repressiva non è retroattiva e comunque chi mai la applica nell’Italia della contro-colonizzazione araba, africana, dove ancora oggi se torni a casa dopo un cancro e la trovi rubata non puoi reagire, prendi le botte che ti spettano e un giudice, d’accordo con la pletora burocratica degli ufficiali giudiziari, dei messi, dei sodali del racket delle occupazioni, condanna te e solo te?
Quanto a dire che non bastano le leggi, restano di carta le leggi se il sistema Paese non cambia radicalmente. E non cambia: aspetta l’effetto domino di Trump, ma può un Paese democratico, nominalmente sovrano, procedere sempre per trascinamento, per auto-deresponsabilizzazione, dal “ci deve pensare l’Europa” al “Speriamo che Taicùn ci faccia la grazia”? Aspetta e spera, che Salis fa la diva! E si epicizza a mezzo Feltrinelli, casa editrice di potere cui solo la èlite può accedere nel rosicamento, come ci ricorda BabboSalis, dei poveri. Ma sì, restiamo garantisti, ma con il sospetto che sia un garantismo sempre monco o strabico quello che tutela gli apologeti del terrorismo, del teppismo, e per giunta a senso unico, da sinistra ad ancora più a sinistra: i centri sociali focolaio di avanguardie armate, eversive, li chiudiamo tutti o solo da una parte, e gli Akatasuna, i Fuoco e tutti gli altri li lasciamo a organizzare le marce su Bruxelles di Salis o Casarini?
Un altro motivo di perplessità sta nell’inerzia elettoralistica per cui si può candidare la qualunque e il colpo riesce, meglio se in presenza di precedenti penali. Ma anche la varia umanità dello sport e spettacolo rende. In Liguria Pd e 5 Stelle lanciano un’altra Salis, Silvia, ex olimpica nel lancio del martello: omonima e omologa, salvo che l’attrezzo veniva scagliato sulla pista. Cosa c’entri una campionessa di una disciplina dell’atletica leggera, come possa decentemente fare fronte ai complicati, infiniti problemi di una città come Genova è misterioso ma accettato con la rassegnazione dei folli o dei furbi che dicono: ma è chiaro, è solo una marionetta più o meno famosa manovrata dai soliti. Anche la nostra Ilaler è stata messa dall’Europarlamento alla commissione casa in ragione della sua profonda esperienza. Siamo ai Monty Python, a Cochi e Renato, ad Achille Campanile. L’abuso genera la tolleranza, l’assuefazione. Certo però che quelle scene della Salis non più tremebonda incatenata ma libera come l’aria, che sbuffa dalla bocca alla vista del quarto stato di quelli di Quarta Repubblica, qualche interrogativo sulla tenuta della nostra democrazia garantista e cogliona lo inducono.
Max Del Papa, 18 febbraio 2025
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