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Le domande di un lettore sulla demagogia dei politici…

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Alberto, un commensale di questa zuppa, mi scrive un lettera molto intelligente, che, con il suo permesso, condivido con voi. Non so dare delle risposte, ma sento che Alberto sta facendo le domande giuste.

Buongiorno Nicola,

seguo sempre la tua zuppa e, quando posso visto che lavoro di sera, anche i tuoi programmi. Sono un elettore di centrosinistra, spesso non condivido il tuo punto di vista ma lo trovo sempre molto interessante e soprattutto libero, capace di fare allargare le mie vedute.

Ho deciso di scriverti perché mi ha molto colpito l’attacco mediatico alla Francia delle ultime ore da parte dei leader pentastellati. Dopo lo stupore misto a sconcerto nato dalla sostanza di tale irresponsabile attacco, fondato su informazioni quantomeno distorte e che rischia di generare una seria crisi diplomatica, mi sono un attimo soffermato a riflettere sul suo significato profondo, nemmeno tanto nascosto (se non per ingenui o creduloni sociopatici da tastiera): la propaganda. A guardarlo bene mi è da subito sembrata una mossa disperata dei gialli di recuperare consenso “di destra” emigrato verso i verdi durante questi primi mesi di governo a trazione fortemente salviniana; un modo per dire “ehi, in quanto a orgoglio nazionale anche noi siamo messi bene!”.

Avendo io 33 anni, avendo cominciato a formarmi una coscienza politica all’epoca del Berlusconi contro tutti/o, tale stupore potrebbe anche essere ingiustificato. Insomma, è stato proprio il Cavaliere a introdurre una nuova forma di comunicazione politica, un populismo poi declinato a suo modo da Renzi qualche anno dopo. Insomma, avrei già dovuto sviluppare dei forti anticorpi alla demagogia.

Eppure no, ritengo che tale modus operandi sia stato portato troppo all’estremo. Governare credo voglia dire fare anche scelte impopolari e invece sembra che siamo bombardati da video, conferenze stampa, parole in una campagna elettorale permanente in cui l’unico fine sembra essere il consenso e mai il bene del Paese. Il mio punto di vista è probabilmente influenzato dalle mie convinzioni ma alcuni comportamenti sono sotto gli occhi di tutti e trovo riprovevole questa affannosa lotta a due a cercare quotidianamente un nuovo nemico, non sempre più grande ma più redditizio elettoralmente. Una pratica, quella dell’individuazione di un nemico politico, che non risparmia nemmeno momenti che dovrebbero essere di gioia condivisa (la cattura di Battisti) o di dolore condiviso (il crollo del ponte Morandi). A mio modesto parere le bugie, i dati falsi, gli attacchi personali, le tragedie usate come passerelle elettorali, la creazione quotidiana di capri espiatori; il tutto a fini propagandistici hanno raggiunto livelli intollerabili. Sciacallaggio continuo.

Chiudo con alcune domande che tali riflessioni hanno suscitato in me:

1. Quanto l’opinione pubblica è ormai assuefatta a questo modo di fare politica? Cosa dovrà succedere perché non lo consideri più normale?

2. L’opposizione deve inseguire i populisti sul loro terreno o magari dovrebbe mostrarsi il più possibile forza politica seria, matura e affidabile (quindi avrebbe bisogno di un uomo rassicurante alla Prodi e non un Renzi)?

3. La questione che maggiormente mi preme: se a creare consenso sono messaggi di intolleranza e chiusura, di rabbia sociale, condoni edilizi, promesse di soldi per starsene a casa, attacchi alla scienza, dati economici falsi e fanta-nemici come èlites e lobbies (o paesi alleati); se tutto questo vuol dire essere populista allora ne deriva che il popolo italiano è un popolo di intolleranti, evasori e ignoranti?