“Ora basta. Immigrazione, islamizzazione, sottomissione”. Il titolo del libro, presentato a Monfalcone dinanzi a una piazza piena, spiega perfettamente il pensiero. Quello di Anna Maria Cisint, sindaco di Monfalcone, città in provincia di Gorizia salita alla ribalta per la notevole presenza di immigrati di religione islamica, di cui già vi avevamo parlato. “Ciò che è successo a Mosca, in Francia e un po’ ovunque, è la dimostrazione della pericolosità del pensiero unico di questa sinistra, dell’idea di porte aperte, spalancate”, ha spiegato ad Adnkronos. C’è “l’urgenza di porre attenzione particolare rispetto agli sbarchi e ai luoghi di ritrovo“. Lei stessa ha agito con rigore, chiudendo due centri culturali a Monfalcone e dichiarando apertamente di voler impedire l’islamizzazione della società. E, in seguito ad alcune gravi minacce che le sono state rivolte, è finita persino sotto scorta. Paesi come Qatar e Marocco, secondo Cisint, forniscono finanziamenti, e la realizzazione delle moschee non prevede una mappatura, rendendole “potenzialmente luoghi ritrovi di terroristi”.
Il sindaco ha dichiarato, inoltre: “Nel Comune che amministro si registra il 33% di immigrazione di cui il 22% è musulmano, il 75% delle donne musulmane è completamente velato, le bambine vanno a scuola con il velo integrale. L’integrazione dovrebbe essere, secondo me, un’altra cosa. Oltretutto le comunità musulmane che da sette anni affronto non hanno alcuna intenzione di integrarsi, nemmeno parlano italiano. Per queste comunità musulmane – da me è così – se la legge italiana contraddice quella coranica loro non hanno dubbi e applicano la seconda”.
Il sindaco ha evidenziato anche altri dati: il 95% del welfare del comune di Monfalcone è destinato agli extracomunitari, così come il 75% degli alloggi. Appena 8 donne su 6600 ivi residenti lavorano. Le parole del primo cittadino, appartenente alla Lega e il cui libro presenta la prefazione del ministro delle Infrastrutture e Vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini, sono state pronunciate a ridosso di una settimana particolare, contrassegnata dalle polemiche legate al caso Pioltello.
Nel comune del milanese una scuola, l’istituto Iqbal Masih, ha annunciato la chiusura dei battenti per la giornata del 10 aprile, la festa di fine del Ramadan, motivando la scelta di chiudere per “scelta didattica” e non per motivi religiosi. La decisione della scuola, nella quale il numero di studenti di fede islamica arriva al 40%, porta a far riflettere su una tematica importante, sollevata anche dallo stesso Salvini e dal ministro Valditara, che ha inoltre ovviamente e giustamente condannato le minacce e gli insulti a preside e insegnanti: nonostante una circolare del 2010 preveda di non superare il limite del 30% di alunni stranieri per classe (anche se sono ammesse deroghe), nell’anno scolastico 2021/22 questa percentuale era superata nel 7,2% delle scuole d’Italia, come riporta Ansa.
Sorgono spontanee alcune domande. Come fanno gli insegnanti a farsi capire se in queste classi non tutti i ragazzi parlano italiano? Come si possono aiutare i giovani stranieri a integrarsi, se una cospicua parte di essi non conosce la lingua? Come si fa a procedere con il programma didattico?
LC, 1° aprile 2024
Nicolaporro.it è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati (gratis).