Chi scrive non ha mai creduto troppo nell’idea, giacobina più che liberale, che la democrazia si possa esportare e imporre dall’alto, che essa si affermi per sua forza anche se una società non è pronta ad accoglierla. Per questo motivo, non ha mai creduto troppo nel buon esito della missione che ha visto impegnato per tanti anni americani ed alleati in Afghanistan e che, in queste ore, dopo il definitivo ritorno a casa dei militari americani, sembra volgersi al peggio con la immediata riconquista delle maggiori città del Paese da parte delle oscurantiste forze talebane.
Che però in quella missione l’Occidente si sia giocato non solo la faccia, ma abbia anche sprecato inutilmente tante risorse e vite umane, non può certo farci gioire e non può non portarci a individuare soluzioni che ci salvaguardino. Stracciarsi le vesti come fa la sinistra progressista mondiale, e i suoi organi di stampa, suona però tanto ipocrita quanto contraddittorio. Sia perché oggi si chiede a un presidente democratico di fare quello che a un presidente repubblicano come George Bush veniva contestato, cioè di “reinvadere” la terra appena abbandonata a se stessa; sia perché quel ritiro, certo già voluto da Obama e soprattutto da Donald Trump, è stato realizzato da Biden nel modo più frettoloso e goffo possibile, incurante delle conseguenze preventivabili e che puntualmente e rapidamente si sono verificate.
Riconsegnare il Paese ai talebani significa tradire non solo i morti, ma i tanti afghani che si erano fidati dell’Occidente. E significa anche buttare le tante e belle e retoriche parole fatte in questi anni. Chi ci prenderà più sul serio? Un errore imperdonabile che diciamo a nessun repubblicano, men che mai a Trump, sarebbe stato mai perdonato. E invece a Biden si. Il presidente americano, idolo della sinistra progressista globale, non si può toccare, le critiche sono silenziate o circoscritte a quel poco che si può leggere in controluce nelle richieste di rimediare all’errore (cosa che Biden sta facendo rimandando indietro i militari a salvaguardia almeno di chi, per collaborazionismo o altro, si trova di colpo sotto la scure dei fanatici). Certo, si può avere anche una posizione filotalebana, come era in fondo quella del compianto Gino Strada, per cui la colpa era sempre e solo dell’Occidente aggressore. Ma poi come ci si può, da una parte, lagnare della discriminazione delle donne o dei gay in Occidente, spesso solo presunta, e accettare, dall’altra, che tutto quello, non presunto ma reale, che accade alle minoranze in quei regimi islamisticamente orientati sia semplicemente ignorato?
Corrado Ocone, 15 agosto 2021