Con tutto il rispetto per chi disse una tra le cose più stupide del mondo, la nostra Costituzione non è – non può essere – la più bella del mondo. Perché la costituzione più bella del mondo è, per necessità, l’ultima che l’umanità ha partorito. Che non so qual è. Immagino il Sud Sudan, stato indipendente da pochi anni, si sia già dato la propria Costituzione: ebbene quella è la più bella del mondo. Primato che vale quel che vale.
Costituzione, la falla dell’articolo 15
Quanto alla nostra, fa acqua da molte parti. Una è l’articolo 15, che recita: «La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili. La loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell’Autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge». L’articolo fa acqua sull’italiano, cosa non da poco per una Costituzione italiana. «Inviolabile» è un attributo assoluto, come ci insegna anche il monumentale dizionario di Tullio De Mauro, il mio preferito. Se l’articolo avesse recitato: «La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione possono essere limitate solo e soltanto per atto motivato dell’Autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge», nulla da eccepire. Invece no: «La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili». In-vio-la-bi-li. La corrispondenza e ogni altra forma di comunicazione. Ogni altra forma.
Orbene, se presidenti della Repubblica, legislatore, costituzionalisti, accademici della crusca, logici, matematici e accademici dello scibile non vogliono fare la figura dei pirla, dovrebbero adoperarsi per sanare l’obbrobrio. O si mantiene l’inviolabilità della segretezza delle comunicazioni tra i cittadini – assoluta segretezza, quindi, senza se e senza ma come s’usa dire oggi – o quella inviolabilità si nega. O si cancella la seconda frase dell’articolo 15, o si modifica la prima. Tertium non datur. O meglio c’è una terza possibilità: convivere col fatto che la nostra Costituzione è – con rispetto parlando – una fetecchia.
Intercettazioni come abuso
Finito il pistolotto accademico, consentitemi di fare il cittadino (qualunque). Fatevi cortesemente chiedere: volete vivere in un Paese ove la polizia avrebbe il diritto di andare alla posta, intercettare i plichi della vostra corrispondenza (in entrata e/o in uscita), leggerne e fotocopiarne il contenuto, richiuderli e trasmetterli al destinatario? Se la risposta fosse “no”, allora le intercettazioni telefoniche devono essere proibite. Tutte, senza se e senza ma. E questo perché non v’è alcuna differenza logica tra una lettera e una conversazione telefonica, ove cambia solo il supporto: la carta nel primo caso, l’etere nel secondo. E d’altra parte gli stessi Padri costituzionalisti se n’erano avveduti, quando dichiararono inviolabili la segretezza della corrispondenza e «di ogni altra forma di comunicazione».
Chi ritiene che le intercettazioni telefoniche debbano essere mantenute perché servono alle indagini – «toglierle è come togliere il bisturi al chirurgo», usa dire Antonio Di Pietro, il nostro giurista di riferimento – commette un altro deplorevole salto logico. L’utilità di uno strumento d’indagine non può essere addotta a giustificazione dello stesso. Ad esempio, se di due ladri la polizia ne becca uno e si lascia sfuggire il secondo, non v’è dubbio che torturare il beccato per farsi dire il nome del complice sarebbe una pratica utilissima per la chiusura del caso. Intercettare non è torturare, ma il punto cruciale è che l’utilità dello strumento non è ragione sufficiente per servirsene. Chi sostiene la necessità del suo uso deve trovare altre motivazioni. Deve, in particolare, riconoscere la non inviolabilità della segretezza della corrispondenza. Cioè deve dire chiaro e tondo di accettare di vivere in un Paese ove la polizia avrebbe il diritto di andare alla posta, intercettare i plichi della sua corrispondenza, in entrata e/o in uscita, leggerne e fotocopiarne il contenuto, richiuderli, e trasmetterli al destinatario.
Qualcun altro ritiene che lo strumento possa essere usato in indagini su alcuni reati ritenuti gravi (che so, mafia, pedofilia, etc.). Illogico anche questo: se il reato è certo, l’intercettazione è inutile; se il reato non è certo, si intercetterebbe un innocente. Insomma, saremmo in un circolo vizioso: posso intercettarti perché sei pedofilo, ma devo intercettarti per dimostrare che lo sei.
L’unico caso di intercettabilità che trovo ammissibile è il seguente. Posto che intercettare la corrispondenza è una privazione di libertà, come il carcere o gli arresti domiciliari, si dovrebbe poter essere intercettabili solo su specifica condanna. Sei stato riconosciuto pedofilo/mafioso/etc.? Tra le condanne che ti sono comminate v’è l’intercettabilità della tua corrispondenza (così lo sanno anche tutti coloro che, innocenti, comunicano con te).
Perdonatemi per queste riflessioni, ma da cittadino qualunque mi auguro proprio che il secondo comma dell’articolo 15 della Costituzione sia quanto prima cancellato e si ponga fine alla barbarica pratica.
Franco Battaglia, 8 luglio 2021