Il governo continua a specchiarsi con narcisistica soddisfazione nell’operazione Autostrade, descrivendosi in un autoritratto contraffattivo di operosità, perché finora l’unico profitto certo è ascrivibile ai Benetton che hanno incassato oltre 800 milioni di euro in Borsa con il titolo Atlantia schizzato a +26%. Conte, Toninelli e Di Maio insistono nel propagandare un risultato che contraddice l’obiettivo della revoca che avevano sempre indicato come perentorio e non negoziabile. In base all’accordo raggiunto lo Stato, attraverso la Cdp, dovrebbe subentrare nella gestione di Autostrade, liquidando i Benetton, accollandosi i debiti di Aspi e sborsando miliardi di euro per gli investimenti in sicurezza nel tratto di autovia rientrante nella sfera di competenza pubblica. Un bel regalo ai magliai del trevigiano nonostante la narrazione simulatoria di chi cerca di accreditare, con maldestra albagia, il trionfo del pubblico in una sorta di auto-ovazione con i 5s a fare la ola per manifestare un entusiasmo ignaro.
Nel mentre cadono come birilli, urtati dalla crisi in atto, migliaia di partite Iva e commercianti, abbandonati al loro destino, trascinando nel crollo un rilevante indotto economico che mobilita centinaia di migliaia di lavoratori. Il governo Conte spende le sue energie in estenuanti e notturne trattative per congegnare soluzioni, gabellate come compensative del dolore provocato dalla tragedia del ponte Morandi, che si rivelano remunerative esclusivamente per il colosso finanziario dei Benetton. Nella distorsione della realtà si perpetua il vizio dei 5s che esibiscono risultati rivestiti da una narrazione che ne altera la sostanza. Celebrano il successo effimero su Autostrade, continuando ad ignorare le difficoltà quotidiane che opprimono il respiro economico di milioni di operatori del terziario.
La fragilità di liquidità delle imprese le rende vulnerabili al messaggio di assistenza della criminalità, che getta nel mare della crisi la propria rete di soccorso per catturare le vittime dei suoi ingranaggi crudeli. Il circuito criminale dell’usura specula sul bisogno di denaro e attira nella trappola la disperazione galoppante dei tempi contingenti. Già a maggio scorso il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho denunciava il contesto fertile per la criminalità organizzata:”C’è un enorme bisogno di liquidità. Ma i ritardi nella gestione e nell’erogazione dei finanziamenti aprono nuovi spazi e consentono alle mafie di infiltrarsi nel tessuto sano dell’economia”.