Matteo Renzi sembra essersi rabbonito. Uscendo dal confronto con il presidente della Camera Roberto Fico, il leader di Italia viva ha usato toni assai differenti da quelli di qualche giorno fa quando al Quirinale ha sparato ad alzo zero per 28 minuti. Non è un caso allora se prima di tutto abbia ringraziato Sergio Mattarella.
La scena racconta di un Renzi che invoca un cronoprogramma, un documento, insomma un patto scritto di legislatura. Niente nomi e cognomi. E nessun riferimento a Giuseppe Conte. Eppure, stando ad alcune indiscrezioni raccolte nel corso del pomeriggio, la delegazione di Italia viva avrebbe posto una serie di condizioni. Fra le altre, quattro ministeri strategici e altrettanti sottosegretari. Nel mirino di Renzi ci sarebbero il dicastero delle Infrastrutture, il ministero del Lavoro, più le caselle della Giustizia e della Difesa. Anche perché, sussurrano da Italia viva, “se dobbiamo digerire Giuseppi, la contropartita deve essere consistente”.
Obiettivo: far pesare i 18 senatori di Italia viva, ridimensionare il Premier e far capire agli alleati che “senza di noi si scivola verso il governo istituzionale”. Dunque strada spianata al Conte-ter? Mai dire mai. La partita è ancora lunga. “È solo il primo tempo”. Le incognite sono diverse: la fronda anti Renzi dei Cinque Stelle, la riformulazione della squadra (“Non sarà facile riequilibrare l’esecutivo tenendo insieme le varie richieste”), e infine il nodo premier.
Perché LeU, Pd e M5s temono che all’ultimo secondo utile Renzi faccia saltare l’avvocato del popolo – suo grande avversario – e proponga un presidente del Consiglio alternativo. Chi? O lo stesso Fico, oppure Gigino Di Maio. Così, da aprire un’altra faglia dentro la galassia pentastellata. E allora ecco perché ai piani alti del palazzo sostengono che “sia ancora lunga”.
Antonio Russo, 31 gennaio 2021