Qual è il valore del nulla? Niente, appunto. Il profondo nulla rappresentato dagli organismi internazionali, costosissimi carrozzoni di rappresentanza che mai sono serviti ad alcunché, dopo la pronuncia del procuratore della Corte penale internazionale, si riempie di un valore osceno. Sconcio. Illogico e profondamente antistorico. Benché la suddetta Corte non faccia parte del sistema Nazioni Unite, il suo ruolo nel mondo delle relazioni internazionali è piuttosto noto in virtù della sua “mediaticità”; facile specchietto illusorio per anime belle le quali ritengono che la diplomazia possa essere sostituita con la giustizia e gli orrori del mondo emendati mettendo in qualche ipotetica prigione i cattivoni della Terra.
In effetti nessuno, dei cattivi veri, è mai stato processato veramente. Quelli catturati lo sono stati dopo che avevano perduto ogni potere in patria. Nel caso di Israele all’inutilità si aggiunge la vergognosa empietà di voler processare un primo ministro democraticamente eletto in uno stato democratico con una propria magistratura interna, paragonandolo ad uno Mladic’ qualsiasi. L’atto d’accusa, oltre che abbastanza vago, è pieno di protervia.
Nello statement (qui il link) il procuratore Khan dice di aver “fondati motivi per credere” che Netanyahu e Gallant abbiano commesso crimini di guerra e contro l’umanità. I fondati motivi nel diritto internazionale generalmente sostituiscono le prove, è bene saperlo onde conoscere la reale solidità di questi meccanismi. In particolare tali crimini fanno riferimento agli articoli 7 e 8 dello Statuto di Roma, fondamento giuridico della Corte. I crimini di cui all’articolo 7 sarebbero: sterminio e omicidio deliberato della popolazione civile nonché “Persecuzione contro un gruppo o una collettività dotati di propria identità, inspirata da ragioni di ordine politico, razziale, nazionale, etnico”. In tutta sincerità, l’Inattuale non è a conoscenza di guerre nelle quali la popolazione civile non sia coinvolta, né di bombardamenti contro città nemiche in cui non si facciano vittime innocenti tra i civili. In base a questa logica il presidente Truman dovrebbe considerarsi il più grande criminale dell’umanità avendo ordinato lo sgancio di due bombe atomiche sulle città giapponesi di Hiroshima e Nagasaki, ove non vi erano né alti comandi militari né centri del potere politico.
Forse erano altri tempi… Dove si sia attuato uno sterminio deliberato della popolazione, intendendo per tale la sistematica uccisione di civili come accadeva nelle guerre jugoslave, non è ben chiaro. Un esercito che avvisa i civili di sgomberare un edificio che sta per essere bombardato non ci sembra così tanto assetato di sangue.
Quali sarebbero poi le ragioni di ordine politico o addirittura etnico che avrebbero condotto al massacro dei civili? Quella in corso è forse una guerra di sterminio etnico? Legittimo pensarlo, ma un po’ poco per un’accusa fondata nel diritto.
Le violazioni di cui all’articolo 8 consisterebbero in: affamare intenzionalmente, come metodo di guerra, i civili privandoli dei beni indispensabili alla loro sopravvivenza; cagionare alla popolazione volontariamente grandi sofferenze o gravi lesioni all’integrità fisica o alla salute; atti di violenza contro la vita e l’integrità della persona, in particolare nelle forme di omicidio, mutilazioni, trattamenti crudeli e tortura contro coloro che non partecipano al conflitto. Già la dicitura “affamare intenzionalmente” suona ridicola in un conflitto bellico, per non parlare dell’arrecare sofferenze fisiche alle persone. A volte succede, in guerra.
Ma il colmo si raggiunge nell’affermazione successiva del procuratore: “Riteniamo che i crimini contro l’umanità accusati siano stati commessi come parte di un attacco diffuso e sistematico contro la popolazione civile palestinese in conformità alla politica statale.” Quindi secondo la Corte è un costume tipico della politica israeliana quello di affamare, uccidere, devastare, sterminare i civili palestinesi. Un giudizio del tutto politico e molto poco giuridico ci sembra.
A mancare qui non è solo il senso della storia, il senso della realtà, il senso di opportunità. Qui a mancare è, soprattutto, la decenza.
Francesco Teodori, 22 maggio 2024
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